Introduzione
Una giornata di formazione, organizzata dall'Ordine dei Medici chirurghi ed Odontoiatri di Milano, costituisce spunto di riflessione sull'interazione fra le due discipline, indispensabile per tagliare più rapidamente nuovi traguardi scientifici, in vista di possibilità diagnostiche e terapeutiche ancora più efficaci.
In particolare, i primi risultati del progetto “Ingegneria per la Ricerca”, promosso da chi scrive, ha beneficiato di riscontri particolarmente positivi in termini sia di pubblico sia di critica.
Scenario di riferimento
A tutti noi risulta ben chiaro l'immenso valore della ricerca in vista di nuove possibilità diagnostico-terapeutiche.
Affidiamo il raggiungimento di sfidanti obiettivi alla preparazione dei nostri medici e operatori sanitari, alle loro intuizioni, ad innovative tecnologie e a nuovi farmaci.
Parimenti cristallina a ciascuno la difficoltà di finanziamento di questa nobile e necessaria attività, non sempre foriera di immediati risultati clinici, nonché economici.
Da questa ineludibile dicotomia dei nostri tempi, discende il dovere morale e materiale di sfruttare al meglio le esigue risorse disponibili.
Poiché l'innovazione tecnologica costituisce uno dei principali e dei più costosi drivers di crescita, non solo del mercato sanitario ma anche delle scoperte in ambito clinico-scientifico, è parsa opportuna la sperimentazione di un'innovativa modalità di governo tecnologico, iniziata cinque anni or sono, focalizzata sia all'ottenimento di risparmi più consistenti nella gestione delle strumentazioni sanitarie sia allo studio di metodologie di supporto alla ricerca clinica, traslazionale e di base, atte a superare il principale ostacolo alle iniziative scientifiche: i costi.
Di ulteriore conforto a questa intuizione le risultanze di una recente pubblicazione (Candeago, Ranieri, 2017), secondo la quale il 52% di un campione intervistato (composto da medici e da infermieri, tutti al di sotto dei 35 anni d'età) avvertirebbe la necessità del bagaglio tecnico e metodologico di un ingegnere, biomedico nella fattispecie, per la gestione anche economica delle proprie ricerche oltre che nell'attività quotidiana.
Durante il seminario previsto, l'attenzione si è concentrata proprio su quest'ultimo aspetto, ovvero la valenza del progetto “Ingegneria per la Ricerca” nel supportare la capacità medica di orientamento dello sviluppo tecnologico, direttamente dai bisogni percepiti nei reparti, a costi finalmente contenuti.
Una proposta originale: il progetto “Ingegneria per la Ricerca”
Come sviluppare ricerca di alto valore ed a basso costo, direttamente negli ospedali?
Questo il principale quesito affrontato nel 2013, al fine di sostenere grandi ambizioni frustrate da ristrettezze economiche.
I fondi di ricerca non sono mai sufficienti, la prudenza suggerisce ai vari benefattori, pubblici e privati, di vincolare gli investimenti a linee di indagine non completate ma comunque rodate, l’industria tende legittimamente a concentrare i propri sforzi verso soluzioni a maggiore probabilità di successo commerciale.
Tutto ciò comporta l’impossibilità alla risoluzione di esigenze peculiari delle singole unità operative, a volte soddisfacibili mediante tecnologie ancora indisponibili sul mercato oppure attraverso un’analisi olistica di processi organizzativi.
Di conseguenza, la proposta: il progetto “Ingegneria per la Ricerca”.
Finalmente nasce un interlocutore, unico e privilegiato, al quale clinica e ricerca possono descrivere rapidamente le loro esigenze, domandare un parere trasversale su moltissimi processi normalmente non intercomunicanti, funzionale alla razionalizzazione degli sforzi organizzativi, economici, professionali.
Ciò impedisce che una necessità, una soluzione, una felice intuizione si disperdano fra direzioni, dipartimenti gestionali, interaziendali e tecnico – scientifici, uffici vari, mondo esterno.
Alla base, un’avveniristica combinazione fra un’ottima interpretazione del dialogo interdisciplinare, un bagaglio esperienziale pregevole (sia in reparto sia presso organi di governo), un aggiornamento formativo interdisciplinare continuo.
Dall’installazione di una tecnologia innovativa, all’ottimizzazione dei tempi di lavoro in sala operatoria, dall’informatizzazione spinta alle più disparate linee guida, passando per progetti di umanizzazione della medicina, occorre sapersi confrontare con clinici e professionisti, forti di una profonda conoscenza tanto delle dinamiche in corsia quanto delle visioni manageriali.
Al fine di non sprecare tempo e denaro, è indispensabile raccogliere concetti sanitari e tradurli in soluzioni tecniche e/o organizzative.
Dopo cinque anni, grazie a numerosi esperimenti conclusi con successo ed altrettanti in corso, è possibile considerare tagliato il traguardo prefisso: la creazione di un circolo virtuoso, in grado di ridurre drasticamente i costi della ricerca e di incoraggiare così lo sviluppo di intuizioni iatrogene.
Durante il seminario, è stata possibile la presentazione di un’iniziativa, appena conclusa, capace di coniugare concreti risultati clinico-scientifici di sicuro interesse e garantire, in soli 12 mesi, il recupero dell’investimento iniziale ed addirittura un surplus economico, oltre a quelli culturale, sociale e medico-scientifico.
La capacità, necessariamente interdisciplinare, di sviluppare tecnologia localmente, quindi ad altissimo grado di personalizzazione ai bisogni della committenza, consente, nei casi più fortunati, anche la titolarità di brevetti funzionali alla maggiore autonomia finanziaria degli enti sanitari.
La missione ospedaliera, incentrata su diagnosi e terapia, pare rendere utopistici oggi i cospicui investimenti normalmente prevedibili per unità di ricerca & sviluppo (tipica di altri settori produttivi); tuttavia, si assiste ad un nuovo equilibrio qualora, come dimostrato all’assemblea, diventi possibile esercitare attività inventiva oltre le barriere economiche iniziali ed elevando i tassi di rendimento monetario.
L’innovazione consiste proprio nell’aver individuato una via per superare il luogo comune secondo cui un finanziamento alla ricerca possa essere, nella maggior parte dei casi, economicamente a fondo perduto.
In realtà, immateriali valori quali lo studio e la spinta alla ricerca possono garantire consistenti risparmi, se non addirittura introiti economici.
Tale approccio, incoraggiato da I.R.C.C.S., da ospedali e da atenei di chiara fama, ha ricevuto apprezzamenti e riconoscimenti significativi, grazie alle circa venti pubblicazioni (anche internazionali) su argomenti specifici.
Conclusioni
Gli investimenti iniziali necessari, ad altissimo rischio di perdita dal mero punto di vista economico, non permettono oggi l'ideazione di un'unità di ingegneria biomedica trasversale alle varie potenzialità della disciplina medesima, alle specialità cliniche, ai servizi (ingegneria clinica, prevenzione e protezione e sistemi informativi) e a tutte le esigenze ospedaliere ancora latenti.
Tuttavia, il dinamismo del progetto “Ingegneria per la Ricerca” consente una logica win win, nella quale:
- i pazienti beneficiano prima dei frutti di una ricerca condotta prima e più velocemente, poiché meno costosa;
- medici, scienziati e operatori sanitari tagliano più rapidamente nuovi traguardi, grazie alla maggior facilità di concretizzazione delle loro intuizioni ed alla conseguente disponibilità di strumenti innovativi;
- le istituzioni registrano un calo dei costi di sistema, grazie al quale si sprigionano meccanismi virtuosi di autofinanziamento e di sostenibilità;
- fondazioni, società scientifiche e associazioni possono investire con ulteriore serenità i propri fondi; inoltre, la riduzione delle barriere economiche d’avvio regala grande valore ad importi prima insufficienti, grazie ad un fattore moltiplicativo particolarmente vantaggioso.