INTRODUZIONE
Il laser a femtosecondi (o femtolaser o laser intrastromale) è un laser chirurgico per uso oftalmico che utilizza luce nella lunghezza d’onda dell’infrarosso (prevalentemene tra 1.040 e 1.053 nanometri) con spots della grandezza variabile nell’ambito di pochi micron e con una durata (il femtosecondo) marcatamente inferiore rispetto al laser ad eccimeri.
Il termine combinato femto-laser è spiegato dalla definizione dei due termini:
- laser: il termine in lingua inglese significa light amplification by stimulated emission of radiation (amplificazione della luce per mezzo di una emissione stimolata di radiazione). In termini semplificati la stimolazione e il successivo ritorno allo stato di riposo degli elettroni di un particolare elemento chiamato mezzo attivo determina una radiazione monocromatica specifica (vale a dire di una unica lunghezza d’onda), coerente e collimata, capace di interagire con la materia circostante (nel nostro caso il tessuto corneale);
- femtosecondo: la denominazione è dovuta al fatto che la durata dell’impulso è dell’ordine dei femtosecondi (1 femtosecondo = 10-15 secondi). Un femtosecondo quindi è un’unità di tempo pari ad un milionesimo di miliardesimo di secondo. Nel sistema internazionale di unità di misura il prefisso “femto-” indica 10-15. Il suo simbolo è fs. Per dare un’idea dell’ordine di grandezza si illustrano i seguenti esempi:
- 200 femtosecondi = le reazioni chimiche più veloci;
- 1 femtosecondo = tempo necessario ad un elettrone per passare da un atomo all’altro;
- in un fs la luce percorre esattamente 0,299792458 micrometri nel vuoto;
- ordine di grandezza temporale inferiore = attosecondo;
- ordine di grandezza temporale superiore = picosecondo.
Razionale fisico
Per spiegare il presupposto fisico alla base del meccanismo d’azione, bisogna innanzitutto ricordare il legame che unisce Potenza, Energia e Tempo che è espresso dalla formula Potenza=Energia/ Tempo; dalla stessa si estrapola che, grazie a una durata dell’impulso molto breve, è possibile ottenere elevate potenze in cornea impiegando livelli di energia relativamente bassi. In sintesi: a parità di energia pulsata, per impulsi più lunghi (nanosecondi) la soglia di Optical Breakdown (cioè la capacità di indurre la formazione di microplasma per impulsi) è più alta e porta a formare una minore quantità di microplasma; mentre per impulsi più brevi (picosecondi) la soglia di Optical Breakdown è più bassa e porta a formare una maggiore quantità di microplasma. Con i femtosecondi (impulso ancora più breve) tale caratteristica è ancora più accentuata.
Quindi, in sintesi, si può affermare che la diminuzione della soglia di Optical Breakdown, ottenuta riducendo la durata degli impulsi, si traduce in una photodisruption (foto-disgregazione) raggiunta con meno energia e con riduzione degli effetti collaterali sui tessuti circostanti.
Infatti grazie ad una durata dell’impulso così breve, è possibile ottenere elevate potenze in cornea, impiegando però livelli di energia relativamente molto bassi abbinato ad una dispersione della stessa praticamente nulla ed una consequenziale poco significativa produzione di calore.
Nello specifico il meccanismo sin qui descritto si traduce nella condizione biologica in cui, nel punto dello stroma corneale raggiunto dalla sequenza di spot, si generi (fig. 1) un microplasma che vaporizza circa 1 micron di tessuto. Vengono così generate microscopiche bolle di acqua e anidride carbonica che, espandendosi, sono in grado di separare le lamelle corneali. Infine, i prodotti della photodisruption, acqua e anidride carbonica, vengono riassorbiti grazie al meccanismo di pompa endoteliale, lasciando così un piano di taglio nello stroma corneale.
Cenni storici
Come nel caso di quello ad eccimeri, anche la storia del laser a femtosecondi è stata molto travagliata, con alternanza di fasi di ottimismo sfrenato ad altre di brusche “frenate” di credibilità, il tutto scadenzato da una serie di modifiche dei meccanismi di funzionamento (varie generazioni di laser) che possono essere riassunti nel modo seguente:
- I generazione (1999)
- approvazione FDA
- II generazione (dal 2001)
- procedura troppo lenta (+65 secondi)*
- problemi di cheratite lamellare diffusa e microstrie
- III generazione (dal 2003)
- procedura meno lenta (+35 secondi)*
- minori problemi di cheratite lamellare diffusa e microstrie
- IV generazione (dal 2006)
- procedura rapida (20 secondi)*
- ridotta incidenza di complicanze
*tempo necessario per creare un lembo corneale nella LASIK
Clinica dell’azione dei femtolaser
Gli spot possono essere portati sulla cornea secondo strategie e disegni programmati e controllati da un computer in modo da creare precise geometrie di taglio (fig. 2).
In questo modo è possibile creare una lamella, un tunnel, un taglio e combinazioni di questi con una precisione e una ripetibilità elevatissime.
Anche la distanza tra gli spot può essere variata, tenendo conto però che, se gli spot sono molto distanti tra loro, possono rimanere “ponti” tessutali che ostacolano la separazione; infatti, il chirurgo potrebbe avvertire, in questi casi, il cosiddetto “effetto velcro” nell’azione manuale di separare la lamella dallo stroma profondo.
Per ovviare a questo inconveniente le aziende produttrici si sono orientate, nel tempo, a creare meccanismi hard-software con cui è possibile ridurre la distanza di separazione degli spot, anche se questo provoca un aumento del tempo necessario per completare il taglio, compensabile, a sua volta con un aumento della frequenza di emissione.
Esistono, inoltre, due tipologie di pattern d’impulsi:
- RUSTER (fig. 3): caratterizzato da un pattern che inizia da un punto periferico, passa per il centro della cornea e si estende linearmente verso il bordo opposto;
- SPIRALE (fig. 4): caratterizzato da un pattern d’impulsi laser che cominciano centralmente e si estendono in modo circolare e centrifugo verso la periferia.
Il laser, come abbiamo detto viene anche definito “intrastromale” poiché è in grado di poter agire solo in un determinato spessore corneale, corrispondente al piano di focalizzazione previsto, lasciando intatta la porzione di tessuto corneale sovrastante che attraversa durante il suo percorso.
In questo modo è possibile produrre resezioni corneali anche piccolissime con precisione e ripetibilità elevatissime oltre che con una maggiore sicurezza legata:
- all’azione non meccanica;
- al minimo volume di tessuto ablato;
- all’altissima riproducibilità dei risultati.
Elementi chiave da tenere in considerazione nel valutare un laser a femtosecondi
Esistono sul mercato varie proposte commerciali di laser a femtosecondi, ognuna con una propria “filosofia” di prestazioni. Per orientarsi meglio, consigliamo di tenere conto dei seguenti fattori:
- frequenza: una frequenza bassa necessita di energia superiore per raggiungere la soglia di foto distruzione; sistemi ad alta frequenza necessitano di minore quantità di energia e rendono la procedura più breve;
- durata dell’impulso;
- ampiezza spot: più piccolo è lo spot maggiormente concentrato è il fascio con minore dispersione; quindi dispositivi femto con spot molto piccolo utilizzano minore energia e aumentano la precisione;
- energia: se viene utilizzato un femto ad alta energia la bolla di cavitazione che si forma è più grande e gli impulsi non devono essere accostati; sistemi a bassa energia creano bolle molto piccole necessitando così un modello di sovrapposizione degli impulsi stessi, al fine di ottenere poi lo slaminamento del tessuto; inoltre energia troppo elevata può comportare la formazione di un piano più irregolare;
- meccanismo di aspirazione: manuale o computerizzato, monitorato costantemente;
- meccanismo complanare (docking): i dispositivi che appiattiscono la cornea generano maggiore pressione e conseguenti irregolarità del profilo corneale, potendo rendere meno precisa l’azione di taglio del femto; questa problematica risulta minore con i dispositivi curvilinei che seguono l’anatomia del profilo corneale.
Attuali applicazioni cliniche dei laser a femtosecondi in oculistica
Attualmente i settori d’intervento che si stanno principalmente sviluppando sono:
- chirurgia refrattiva;
- chirurgia corneale;
- chirurgia della cataratta.
Nella chirurgia refrattiva per molti anni l’utilizzo principale è stato quello di ottimizzare la formazione del lembo della Lasik, al fine di eliminare tutti i gravi inconvenienti che potevano scaturire dall’azione meccanica del microcheratomo; attualmente si sta sviluppando anche una tecnologia in cui tutta la procedura refrattiva viene effettuata dal femtolaser, evitando l’azione combinata con il laser ad eccimeri.
Per quanto riguarda la chirurgia corneale, il femtolaser viene utilizzato sempre più frequentemente sia nell’introduzione di anelli intrastromali al fine di un miglioramento clinico del cheratocono, sia nelle cheratoplastiche (soprattutto lamellari).
In ultimo, nella chirurgia della cataratta, l’ultima generazione di femtolaser riesce ad effettuare, in maniera sufficientemente sicura e prevedibile, le prime tre fasi dell’intervento; nello specifico quelle relative alle incisioni, alla capsulo ressi ed alla nucleo frammentazione.
Alcuni femtolaser presenti sul mercato
Tra i sistemi presenti sul mercato ci sono:
- VISUMAX della Zeiss (cornea) (fig. 5).
- CATALYS e INTRALASE dell’Amo-Abbot (rispettivamente cataratta e cornea) (fig. 6);
- VICTUS della Baush&Lomb (cornea e cataratta) (fig. 7);
- LENSX dell’Alcon (cataratta) (fig. 8);
CONCLUSIONI
Allo stato attuale delle acquisizioni tecnologiche si può affermare, senza tema di smentite, che la tecnologia femtolaser è oramai uscita dalla fase “sperimentale” ed offre prestazioni sicuramente performanti in vari settori della chirurgia oculare, aiutando e, qualche volta, sostituendo egregiamente la manualità del chirurgo.
La sensazione diffusa è che, nel giro di un lustro, tale tecnologia acquisirà un ruolo di “spartiacque epocale” pari a quello che in passato ha assunto la tecnologia di facoemulsificazione rispetto alla tecnica ECCE per la cataratta e il laser ad eccimeri rispetto alla cheratotomia radiale nella chirurgia refrattiva.