Medicina penitenziaria? Da circa 7 anni effettuo visite oculistiche ai detenuti ed alle detenute dei carceri di Pavia e Vigevano.
Si tratta di un'esperienza sia umana che professionale fuori dal comune.
Già l'impatto con la struttura carceraria e con le celebrazioni rituali di tutti i suoi protocolli per l'accesso sono un'esperienza che genera non poche suggestioni e riflessioni.
Medicina penitenziaria: tutto parte dall'ingresso alla struttura
Occorre presentarsi all'ingresso, farsi identificare dal personale di polizia penitenziaria ogni volta con un documento di identità, almeno fino a quando, dopo anni di “frequentazione”, non ci si sente dire che ormai si è “di casa”.
Il servizio sanitario dei penitenziari è stato assegnato alle organizzazioni sanitarie regionali dal ministero della Giustizia nel 2008 e pertanto successivamente sono state organizzate le varie attività.
Inizialmente l'ambulatorio di oculistica è stato dotato della strumentazione minima essenziale per eseguire visite oculistiche di primo livello, in maniera da poter non solo prescrivere lenti correttive, ma anche di poter eseguire l'esame del fundus oculi in biomicroscopia e la tonometria per applanazione.
Spesso però la dotazione strumentale non rappresenta il fattore principale, poichè l'ambulatorio del carcere non è configurabile con quello territoriale. Fondamentale requisito è rappresentato da una buona carica di umanità e di grande forza d'animo: l'ambiente carcerario non è facile per nessuno, neanche per chi lo frequenta solo 3 ore alla settimana per lavoro.
Per la buona riuscita della mia attività sono state fondamentali le collaborazioni non solo con i detenuti, ma anche con gli operatori sanitari e gli agenti di polizia penitenziaria.
A questi ultimi spetta il compito di condurre a visita i detenuti e il controllo avviene spesso in loro presenza. Sempre preziosa è la collaborazione con gli agenti anche per mediare e sdrammatizzare le situazioni legate alla vita carceraria e creare un minimo di clima di serenità.
Il rapporto medico-paziente
Il rapporto medico-paziente in ambito penitenziario è molto buono: la figura del medico gode ancora di un rispetto incondizionato.
Quando i detenuti sono stranieri, poi, le difficoltà sono maggiori, non solo per via della lingua diversa, ma anche e soprattutto per le differenze culturali che spesso costituiscono ostacoli non facilmente sormontabili.
Non mancano le richieste inusuali, come la prescrizione di occhiali da sole, normalmente vietati se non motivati da patologie oftalmologiche, salvo poi scoprire che in carcere chi li indossa riveste un ruolo da leader.
L'organizzazione del servizio sanitario penitenziario permette la possibilità di inviare i detenuti ad effettuare esami strumentali high-tech e interventi chirurgici presso le strutture ospedaliere esterne. Purtroppo la tempistica di esecuzione è lunga anche per l'esiguo organico degli agenti di polizia penitenziaria addetti al servizio di scorta, in proporzione alla popolazione carceraria, ed anche al ridotto numero di mezzi di trasporto a disposizione.
La mia esperienza vuole essere solo la descrizione di una modalità di attività inusuale, dalla quale però si possono trarre svariate riflessioni che sconfinano dal campo strettamente medico, giungendo ad evidenziare aspetti di natura socio-politico-amministrativa.
In genere i medici sono restii ad accettare di svolgere la professione anche presso gli istituti penitenziari e ciò comporterebbe una ingiusta negazione di assistenza sanitaria ai detenuti e di conseguenza una cattiva immagine per un paese civile. Ma l'impiego dei medici specialisti del territorio nell'attività di medicina penitenziaria comporta non solo un servizio di prevenzione sanitaria, oltre alla diagnosi e cura di patologie evidenti, ma anche un contenimento della spesa sanitaria.
"Non è da trascurare la crescita professionale dei medici, essendo attualmente la popolazione carceraria di carattere multietnico, e la coincidenza del consulto tra specialisti di varie branche per affrontare le patologie più disparate e complesse"
Verrebbero così inviati all'esterno, presso gli ospedali, solo i detenuti bisognosi di approfondimenti diagnostici e teraputici complessi.
Non è da trascurare la crescita professionale dei medici, essendo attualmente la popolazione carceraria di carattere multietnico, e la coincidenza del consulto tra specialisti di varie branche per affrontare le patologie più disparate e complesse.
Necessario per i medici e tutto il personale sanitario un adeguato aggiornamento professionale con una indispensabile componente socio-psicologica. Per trasformare le buone intenzioni in fatti, mi sto cimentando per organizzare un evento formativo, per le figure sanitarie coinvolte nella medicina penitenziaria, nell'inverno 2018 presso l'ASST di Pavia.