Nonostante sia indubbio che l’attività medica trovi fondamento e giustificazione nella tutela del bene salute, l’autolegittimazione della stessa, tuttavia, esplicandosi come rapporto negoziale di prestazione d’opera intellettuale, deve necessariamente sottostare al consenso del paziente.
Già a far tempo dalla fine degli anni Ottanta la Corte di Cassazione ha ritenuto che in tema di terapia chirurgica, il dovere di informazione che grava sul sanitario è funzionale al consapevole esercizio, da parte del paziente, del diritto garantito dalla Carta Costituzionale, la quale nei suoi articoli 13 e 32, comma 2, attribuisce a lui solo (salvi i casi di trattamenti sanitari obbligatori per legge o dovuti quando si è in presenza di un chiaro stato di necessità) la libera scelta di sottoporsi o meno ad un trattamento terapeutico.
Le norme costituzionali richiamate forniscono infatti la perfetta sintesi di due diritti fondamentali della persona che sono individuabili nell’autodeterminazione e nel diritto alla tutela della propria salute: da queste osservazioni deriva che l’omessa informazione, seguita come tale da un non consapevole consenso all’atto medico proposto, delinea una chiara lesione del diritto all’autodeterminazione che come tale assume una autonoma rilevanza rispetto all’eventuale esito infausto della prestazione medica. Pertanto, quando si è in presenza di un atto sanitario che per sua natura rappresenta una situazione di trattamento elettivo, la sua liceità scaturisce solo se si è in presenza di una valida manifestazione di consenso da parte del paziente.
Ne consegue che il professionista sanitario ha l’obbligo specifico di informare sempre il paziente dei benefici presumibili, delle modalità con le quali si intende intervenire, dell’eventuale possibilità di scelta tra altre diverse tecniche operatorie o di trattamento farmacologico e, infine, dei rischi prevedibili in sede operatoria o nella successiva fase convalescenziale.
Si può pertanto osservare che la omissione di tale dovere di informazione genera, in capo al medico, nel caso si verifichi un evento avverso con conseguente danno, una specifica responsabilità che la giurisprudenza civile ritiene di carattere contrattuale, anche se una recente sentenza del Tribunale di Milano, alla quale la stampa ha dato particolare rilievo, vi ha intravisto invece una forma di responsabilità extracontrattuale, cosiddetta aquiliana.
La Corte di Cassazione civile con una sua recente pronuncia (la n. 2854 del 13/02/2015) afferma comunque con chiarezza che in tema di responsabilità medica, il diritto al consenso informato è diverso e distinto rispetto a quello diretto ad ottenere un corretto trattamento terapeutico. Il primo attiene al diritto fondamentale della persona all’espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e, quindi, alla libera autodeterminazione del paziente, atteso che nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. Il trattamento medico terapeutico ha viceversa riguardo alla tutela del diverso diritto fondamentale alla salute.
FACCIAMO Il PUNTO |
Schema esplicativo di cosa deve contenere una corretta formulazione dei un testo relativo alla acquisizione del consenso informatoL’informazione deve assolvere ad alcuni requisiti fondamentali.
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