Nuove prospettive di cura per la degenerazione maculare atrofica legata all’età

Maria Cristina Savastano

Intervista alla dottoressa Maria Cristina Savastano, Researcher & Clinical Research Coordinator, UOC Oculistica - Direttore Prof. S. Rizzo, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Università Cattolica "Sacro Cuore", Roma

Dottoressa Savastano, vuole illustrarci nel dettaglio il progetto di ricerca condotto dalla Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS incentrato sull’utilizzo delle cellule staminali del cordone ombelicale al fine di rallentare la degenerazione maculare atrofica?

Il progetto di ricerca che abbiamo chiamato CORD-IV si concentra su un nuovo possibile trattamento per la degenerazione maculare atrofica legata all'età (dry-AMD). Grazie alla collaborazione multidisciplinare che vede il coinvolgimento in parte attiva della nostra UOC di Oculistica diretta dal professor Stanislao Rizzo, del servizio di Emotrasfusione diretto dalla professoressa Luciana Teofili e della Biobanca della Fondazione Policlinico A. Gemelli IRCCS responsabile Maria Bianco, è stato possibile portare avanti e realizzare questo progetto. Lo studio clinico è stato approvato dal comitato etico (ID: 4995) e registrato su www.clinicaltrial.gov: ID number: NCT05706896. Consiste nell’eseguire iniezioni intravitreali di centrifugato del sangue del cordone ombelicale arricchito di estratto piastrinico (CB-PRP). La definizione sembra alquanto complicata; cercherò di riportare i passaggi principali per una migliore comprensione. Si tratta di prelevare il sangue del cordone ombelicale, centrifugarlo secondo le linee guida indicate dal decreto del Ministero della Salute e arricchirlo con lisato piastrinico (1). Nel concentrato non sono presenti cellule staminali, ma numerosi fattori neurotrofici che agiscono per la loro attività anti-apoptotica, i loro effetti putativi sull'infiammazione e sul metabolismo energetico dei coni. Dopo una prima fase di screening, se il paziente risulta arruolabile viene assegnato attraverso randomizzazione a uno dei tre bracci di studio che si differenziano per la cadenza temporale delle iniezioni: mensili, bimensili, trimestrale. Solo un occhio di ciascun paziente viene sottoposto al trattamento sperimentale di CB-PRP da 0.05 mL, mentre l’occhio controlaterale riceve solo un’iniezione sham. Oltre che al baseline, i pazienti vengono regolarmente sottoposti a valutazione della migliore acuità visiva, esame obiettivo completo, fondo oculare e imaging retinico avanzato.

Quali sono le prime evidenze emerse in termini di efficacia? È una terapia promettente?

Non vorrei essere troppo precipitosa nel divulgare risultati positivi del trattamento della dry-AMD con CB-PRP intravitreale, tuttavia, dai primi risultati preliminari, questa nuova terapia sembra aprire uno spiraglio nel grande campo della atrofia geografica. Infatti, nei primi pazienti trattati e analizzati in cui è stato raggiunto un follow-up di trattamento di almeno 1 anno, si è potuto osservare un rallentamento significativo della crescita dell’atrofia geografica nell’occhio trattato rispetto all’occhio controlaterale non trattato. Non abbiamo riscontrato miglioramenti dell’acuità visiva, ma quantomeno una sua stabilità nei vari follow-up. I primi risultati sono attualmente oggetto di valutazione peer review su rivista internazionale.

Si tratta di una procedura di somministrazione sicura?

La somministrazione del CB-PRP è una procedura sovrapponibile alla procedura che eseguiamo da anni per la somministrazione degli anti-VEGF per la forma essudativa della AMD. Il volume è sempre di 0.05 mL iniettato nel vitreo. Dopo aver già accertato la sicurezza del CB-PRP tramite iniezione sottoretinica in un precedente progetto di ricerca (2), con lo studio attuale abbiamo potuto appurare la sicurezza del prodotto anche in seguito a ripetute iniezioni intravitreali senza riportare alcuna reazione avversa (3).
La fase più importante per garantire la sicurezza dal punto di vista microbiologico spetta soprattutto alla preparazione laboratoristica del CB-PRP. Per tale motivo i differenti estratti cordonali vengono sottoposti a numerosi test microbiologici nelle diverse fasi di preparazione per garantire l’assenza di contaminazione e di rischio.

A proposito di approvazione da parte degli enti regolatori competenti ai vari livelli, ritiene che i tempi possano essere molto lunghi?

I tempi di approvazione di una nuova terapia dovranno chiaramente rispettare tutte le analisi necessarie. Tuttavia, i risultati del nostro protocollo di ricerca potranno fornire supporto nel delineare un percorso, qualora i dati siano confermati a conclusione dello studio. Sebbene sia sempre difficile attivare nuovi trattamenti, credo che il concetto più importante sia che forse c’è qualche speranza di rallentamento della progressione atrofica per i nostri pazienti, ai quali fino ad oggi in Europa non possiamo offrire alcuna alternativa per questa invalidante patologia, nell’attesa che arrivino trattamenti ancora più efficaci e specifici.
Desideriamo tanto che ci sia una possibilità in più per i pazienti affetti da maculopatia atrofica che come ben sappiamo è in costante aumento. È riportato che nel 2040 ci saranno 280 milioni di persone affette da maculopatia e di questi circa il 78% sarà affetto dalla forma atrofica (4).
Questa ricerca presto sarà estesa in uno nuovo studio multicentrico con l’Università di Bari in collaborazione con il professor Francesco Boscia e dottor Pasquale Viggiano e con l’Università di Chieti in collaborazione con la professoressa Lisa Toto, grazie ad un grant vinto con PNRR che sosterrà con circa 1 milione di euro questo progetto di ricerca (PNRR-MCNT2-2023-12377045).
Vorrei approfittare di questa opportunità per ringraziare tutti i miei collaboratori, specializzandi, ortottisti di ricerca, infermieri che ogni giorno si dedicano con passione e con tanto entusiasmo a questo lavoro di ricerca.
Il loro supporto è indispensabile per portare avanti lo studio così come il gruppo di lavoro in team, vera anima della ricerca.