Riassunto
Il glaucoma è una patologia cronica e rappresenta una crescente sfida per il Sistema Sanitario Nazionale, con costi in continuo aumento. Il trattamento si basa su tre pilastri fondamentali: diagnosi precoce e accurata, scelta terapeutica adeguata e follow-up regolare per monitorare la progressione. Tuttavia, le frequenti diagnosi tardive o errate, insieme a una gestione disomogenea del follow-up, ne limitano l’efficacia complessiva. L'introduzione di percorsi di presa in carico personalizzati, sotto la supervisione di specialisti, potrebbe migliorare l’accuratezza diagnostica e l’aderenza terapeutica, ottimizzando l'impiego delle risorse sanitarie. Sebbene persistano sfide logistiche e organizzative, la sperimentazione di modelli pilota potrebbe dimostrare l’efficacia di un approccio integrato, con l’obiettivo di standardizzare la gestione su scala nazionale.
La gestione delle patologie croniche richiede un crescente impegno di risorse sanitarie ed economiche e costituisce una sfida significativa per un Servizio Sanitario Nazionale.
Attualmente, si stima che l’Italia spenda circa 66,7 miliardi di euro all’anno per la gestione delle malattie croniche, cifra destinata ad aumentare a circa 70,7 miliardi di euro entro il 2028.
Il glaucoma rientra a tutti gli effetti tra le patologie croniche e la sua gestione condivide difficoltà comuni ad altre patologie croniche non oculari quali la necessità di regolari visite di controllo e di frequenti esami strumentali, una terapia che il paziente nella maggior parte dei casi dovrà continuare a vita, ed eventuali necessità parachirurgiche e chirurgiche.
Da non dimenticare anche l’impatto che il glaucoma ha sulla qualità di vita essendo una delle prime cause di cecità irreversibile. Infine, come per ogni malattia cronica, la prevalenza è in aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione, tanto che a livello globale si stima che entro il 2040 vi saranno 111,8 milioni di persone affette da glaucoma nel mondo.
La gestione ottimale del glaucoma si fonda su 3 cardini:
- una diagnosi precoce, efficace ed accurata;
- una scelta opportuna del trattamento, adeguato a seconda della tipologia di glaucoma e di paziente;
- un regolare follow-up per monitorare la stabilità o la progressione della malattia.
Spesso la gestione del glaucoma è subottimale a causa di problemi che si possono incontrare in ciascuna di queste fasi. La sfida è quella di creare un nuovo approccio coordinato, che si basi sull’adozione di linee guida cliniche aggiornate, ottimizzando risorse sanitarie inevitabilmente limitate. Due possibili soluzioni sono l’implementazione di programmi di screening mirati e l’adozione dei percorsi di presa in carico.
Diagnosi: fare presto
Ancora oggi la diagnosi di glaucoma, intesa come case finding, è largamente inefficace. Circa il 50% dei casi di glaucoma in Italia non viene diagnosticato, spesso a causa della natura asintomatica della malattia nelle fasi iniziali, che porta i pazienti a rivolgersi all’oculista solo quando il danno è già avanzato. Alla diagnosi, il 56% dei casi presenta un difetto paracentrale del campo visivo e il 29% un difetto evoluto. È noto che, come avviene in molte condizioni, anche per il glaucoma una diagnosi tardiva peggiora significativamente la prognosi della malattia, e questo deve spingere a formulare diagnosi tempestive e accurate.
Sfortunatamente i programmi di screening mirati del glaucoma presentano diverse criticità, tra cui la bassa efficacia, i costi elevati e il rischio di incappare in molti falsi positivi. Una revisione sistematica condotta dalla US Preventive Services Task Force (USPSTF) ha evidenziato che l’accuratezza diagnostica dei test di screening varia, con un notevole tasso di falsi positivi, portando a trattamenti non necessari e a un aumento dei costi sanitari senza migliorare significativamente i risultati per i pazienti e per la collettività. Un altro studio, pubblicato sull’American Journal of Ophthalmology, ha valutato l’impatto dello screening sulla prevenzione della cecità, suggerendo che lo screening per il glaucoma ad angolo aperto non riduce significativamente l’incidenza della cecità, e queste conclusioni mettono criticamente in discussione l’efficacia complessiva di tali programmi. Questi punti rendono ancora impensabile l’istituzione di una campagna di screening strutturata su vasta scala.
Sicuramente uno screening mirato dovrebbe coinvolgere soggetti di età superiore a 60 anni (il glaucoma è una patologia rara in giovane età) o pazienti più giovani con noti fattori di rischio come familiarità, miopia o ipermetropia elevate. Resta poi il problema di come organizzare lo screening. Sebbene tecnologie avanzate come l’OCT delle fibre nervose siano ideali per la diagnosi precoce, il loro costo elevato ne pregiudica un utilizzo su larga scala. Soluzioni più accettabili potrebbero basarsi su fundus camere economiche e sistemi di intelligenza artificiale per analizzare foto del nervo ottico. Soluzione quest’ultima più semplice e meno costosa di un OCT e che potrebbe essere implementata durante visite obbligatorie come quelle per il rinnovo della patente o della medicina del lavoro. Tuttavia, uno screening veramente efficace resta ancora un miraggio, e gran parte delle diagnosi continueranno ad essere fatte da oftalmologi sul territorio, spesso casualmente in occasione di visite richieste per motivi disparati.
Diagnosi: fare bene
Al problema delle diagnosi tardive si aggiunge quello delle diagnosi mancate, errate o imprecise. Uno studio ha mostrato come molti oculisti arrivino alla diagnosi di glaucoma essenzialmente sulla base del riscontro di una pressione intraoculare al di sopra dei 21 mmHg. Il glaucoma ancora in larga parte viene diagnosticato durante visite oculistiche di routine, in cui i pazienti non presentano sintomi o presentano sintomi non correlati al glaucoma. Il 61% dei pazienti con glaucoma ad angolo aperto viene diagnosticato esclusivamente sulla base di un riscontro di una pressione intraoculare elevata. Un ulteriore 12% viene individuato in base ad una combinazione di pressione intraoculare elevata con reperti del disco ottico o del campo visivo. Solo il 18% è stato diagnosticato in presenza di soli danni al disco ottico o al campo visivo. Questo approccio “tono-centrico” porta a mancare la diagnosi dei glaucomi normotensivi, che rappresentano una parte significativa dei casi di glaucoma (ben più alta del 18%), o fare diagnosi errate di glaucoma in pazienti affetti da semplice ipertensione oculare. Altro capitolo sono le diagnosi imprecise. Basti pensare a quanti pazienti vengano gestiti come glaucomi primari ad angolo aperto pur avendo altre forme di glaucoma che meriterebbero trattamenti specifici (forme ad angolo stretto o glaucomi secondari). Una possibile soluzione a questo problema è quello di affidare la conferma della diagnosi a oculisti specializzati in questa patologia attraverso percorsi di presa in carico. Questi percorsi sono strategie organizzative e cliniche progettate per garantire che i pazienti con patologie croniche ricevano una diagnosi accurata e in seguito cure continue e coordinate. Sono progettati per accompagnare il paziente in ogni fase del suo percorso di cura, dalla diagnosi iniziale fino al trattamento e al follow-up. Attualmente, il Piano Nazionale della Cronicità (PNC) non include il glaucoma tra le patologie croniche per le quali sono previsti percorsi di presa in carico. Il PNC si concentra principalmente su malattie come l’insufficienza cardiaca cronica, la broncopneumopatia cronica ostruttiva, il diabete e altre patologie croniche ad alto impatto. Includere il glaucoma nel PNC potrebbe portare a una gestione più efficace della malattia, risolvendo alcune delle criticità elencate in precedenza. L’inserimento del paziente nel percorso di presa in carico parte dalla conferma diagnostica. In un modello di presa in carico per il paziente con sospetto glaucoma, l’oculista del Servizio Sanitario Nazionale identifica il sospetto durante una visita di routine e redige una prescrizione specifica per una visita “per glaucoma”. Il paziente viene automaticamente indirizzato a un centro specializzato, dove viene visitato da un esperto che esegue una valutazione mirata. Un punto cardine del percorso di presa in carico è quello di standardizzare la gestione dei pazienti ai quali verrebbero prescritti solo gli esami necessari evitando spese inutili per il Servizio Sanitario Nazionale. Un problema significativo è infatti la frequente prescrizione di esami non necessari. È il caso di pazienti con forme avanzate di glaucoma, i quali vengono spesso scorrettamente monitorati con OCT del nervo ottico senza l’ausilio del campo visivo, o di pazienti con chiusure d’angolo diagnosticate con OCT del segmento anteriore o UBM al posto della più indicata ed economica gonioscopia. Nello specifico, tonometria, pachimetria, gonioscopia e campo visivo sono esami imprescindibili in una prima valutazione per glaucoma e verrebbero eseguiti nella medesima giornata della prima valutazione. Sulla base dei risultati degli esami, l’esperto conferma o esclude la diagnosi di glaucoma o, in assenza di una certezza diagnostica, richiede ulteriori esami di approfondimento (per esempio: OCT RNFL e GCL nel sospetto di una forma pre-perimetrica; esami non oculistici per forme a tensione normale; una curva tonometrica…).
Impostazione del trattamento e follow-up
Anche con una diagnosi corretta e precoce, resta il problema della gestione largamente inefficace del follow-up del paziente. Molti pazienti, infatti, pur essendo stati correttamente inquadrati, non seguono il numero adeguato di controlli raccomandati. Per esempio, secondo le linee guida EGS, un paziente con glaucoma dovrebbe eseguire almeno due perimetrie per stabilire lo stato iniziale del difetto del campo visivo e altre tre nei primi due anni per monitorare la progressione della malattia. Questo approccio è ampiamente disatteso a causa delle lunghe liste d’attesa. Nel modello di presa in carico, se la diagnosi è confermata, viene elaborato un piano di trattamento e follow-up personalizzato, che inizia dalla scelta della terapia farmacologica, laser o chirurgica, a seconda della gravità della malattia, e prevede la pianificazione di un follow-up, che programmi in anticipo gli esami necessari per monitorare la progressione della malattia e l’efficacia del trattamento, nonché l’ottenimento dell’esenzione per malattia (tab. 1)
Affinché la gestione resti ottimale durante il follow-up è fondamentale educare i pazienti e i loro caregivers sull’importanza dell’aderenza alla terapia, sulla capacità di riconoscere precocemente i segni e i sintomi di peggioramento della malattia e sulle situazioni che potrebbero accelerare la progressione del glaucoma. Un paziente ben informato è in grado di gestire meglio la propria condizione, riducendo il rischio di complicazioni e mitigando l’impatto della malattia sulla propria qualità della vita. Utile potrebbe essere anche la consegna all’ingresso nel percorso di un libretto informativo sul glaucoma che educhi i pazienti sulla malattia. Parallelamente, è essenziale che anche i MMG (medico di medicina generale) siano formati sulle situazioni terapeutiche e sugli eventi clinici che possono rappresentare un rischio per la progressione del glaucoma. La loro conoscenza approfondita permette di identificare e trattare tempestivamente eventuali complicanze, garantendo un intervento precoce e appropriato. Inoltre, la collaborazione tra specialisti e MMG facilita un approccio integrato e continuo alla cura del paziente. Immaginiamo per esempio un paziente con glaucoma che sta seguendo una terapia con timololo. Se questo paziente riceve una diagnosi di asma, è fondamentale che il MMG intervenga prontamente suggerendo una valutazione oculistica aggiuntiva carico oltre a quelle già calendarizzate nel suo percorso. Lo stesso vale per pazienti glaucomatosi che devono iniziare terapie steroidee o che devono essere sottoposti a chirurgie che possono causare un aumento transitorio della pressione intraoculare. In altre parole, il MMG non può essere un osservatore o un soggetto passivo, ma deve essere un attore chiave in questi percorsi.
I limiti
I programmi di presa in carico per il glaucoma presentano diversi limiti che ne complicano l’implementazione e l’efficacia. Un programma di presa in carico può funzionare solo se digitalizzato. Nel 2024 i campi visivi sono ancora in larga parte esami solo cartacei e inaccessibili sui fascicoli sanitari. È esperienza comune che il paziente perda gli esami più vecchi e il glaucomatologo si ritrovi a valutare il paziente in modo incompleto senza avere una idea della velocità di progressione. Le soluzioni digitali possono e devono facilitare e migliorare la continuità delle cure. Un altro problema è l’eccessivo schematismo e dirigismo, che può limitare la flessibilità necessaria per adattarsi alle esigenze specifiche di ogni paziente. Le difficoltà organizzative sono un altro ostacolo significativo. I pazienti “presi in carico” si sommano a quelli normalmente prenotati nei centri, sovraccaricando il sistema e causando lunghe liste d’attesa. Affidare la gestione dei pazienti con glaucoma esclusivamente agli esperti di glaucoma comporta il rischio di sovraccaricare gli ambulatori specializzati con pazienti che presentano forme iniziali e ben controllate della malattia. Questi pazienti potrebbero essere gestiti efficacemente anche da oculisti non specializzati in glaucoma, liberando così risorse preziose per i casi più complessi. Questo è forse il limite più significativo, poiché i pazienti con forme avanzate di glaucoma, che richiedono decisioni terapeutiche più delicate, potrebbero non ricevere l’attenzione tempestiva necessaria. La gestione ottimale del glaucoma dovrebbe quindi prevedere un sistema di triage che indirizzi i pazienti con forme iniziali e stabili agli esperti di glaucoma solo per la diagnosi iniziale, per poi reindirizzarli a oculisti generici per il follow-up, riservando agli esperti di glaucoma la gestione a lungo termine dei casi più avanzati e complicati. Questo approccio garantirebbe un uso più efficiente delle risorse sanitarie e migliorerebbe la qualità delle cure per tutti i pazienti affetti da glaucoma. Inoltre, c’è una resistenza da parte di molti professionisti ai programmi di presa in carico. Per chi prende in carico i pazienti, il processo può essere visto come una “scocciatura” aggiuntiva, mentre per chi invia i pazienti c’è il timore di “perdere” il paziente, che potrebbe non tornare più per le visite di controllo. Questo può portare a una gestione frammentata e meno efficace. Questi limiti evidenziano la necessità di un approccio integrato ma flessibile, che tenga conto delle specificità del glaucoma e delle esigenze dei pazienti, migliorando la coordinazione tra i vari attori del sistema sanitario e ottimizzando l’uso delle risorse disponibili.
Conclusioni
In conclusione, allo stato attuale non esistono programmi strutturati e universalmente adottati per la presa in carico dei pazienti con glaucoma. Tuttavia, la necessità di un approccio integrato alla gestione di questa patologia è evidente. Prima di procedere con una implementazione diffusa, sarebbe opportuno avviare progetti pilota in alcune regioni. Questi programmi pilota servirebbero a dimostrare l’efficacia di un approccio integrato e potrebbero fungere da modello per un’implementazione più ampia su scala nazionale. Tale strategia permetterebbe di ottimizzare le risorse, migliorare la qualità delle cure e garantire una gestione più efficiente e personalizzata dei pazienti affetti da glaucoma.
Gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interesse.
“Taking charge” of the glaucoma patient
Abstract
Glaucoma is a chronic disease and represents a growing challenge for the National Health System, with rising costs. Treatment is based on three key pillars: early and accurate diagnosis, appropriate therapeutic selection, and regular follow-up to monitor progression. However, frequent delayed or incorrect diagnoses, coupled with inconsistent follow-up practices, limit overall effectiveness. The implementation of personalized care pathways, supervised by specialists, could improve diagnostic accuracy and therapeutic adherence, optimizing healthcare resource use. Although logistical and organizational challenges remain, the introduction of pilot models could demonstrate the effectiveness of an integrated approach, with the aim of standardizing management on a national scale.
Keywords Glaucoma, care pathways, targeted screening, early diagnosis strategies.