La disfunzione lacrimale

disfunzione lacrimale

La sindrome dell’occhio secco (o disfunzione lacrimale o sindrome da disfunzione lacrimale) rappresenta una condizione estremamente comune nella popolazione. La sua prevalenza è risultata del 14% secondo il Beaver Dam Study (1) che ne ha analizzato la diffusione nella popolazione di età compresa fra 48 e 91 anni, anche se altre indagini hanno fornito percentuali varabili fra il 7,4 e il 33,7% (2, 3), con differenze in funzione della popolazione considerata e del modo in cui veniva posta la diagnosi. Il disordine è più frequente nel sesso femminile rispetto al maschile (16,7% contro 11,4% nel Beaver Dam study) e negli anziani. In ogni caso si stima che circa un quarto dei pazienti che si recano da un oculista lamenti questo disturbo.
Inizialmente attribuito semplicemente alla ridotta produzione di lacrime, in realtà questo disturbo viene considerato una malattia multifattoriale del sistema della superficie oculare che si traduce nella comparsa di sintomi fastidiosi, disturbi visivi e instabilità del film lacrimale con possibile danno della superficie dell’occhio; inoltre si accompagna ad un incremento dell’osmolarità del film lacrimale e all’infiammazione della superficie dell’occhio (4). L’occhio secco può talvolta presentarsi in maniera episodica in seguito per esempio a condizioni ambientali o a sforzi visivi che superano la stabilità del film lacrimale; più problematica è sicuramente la sua forma cronica in cui il persistere della condizione innesca un circolo vizioso che induce un meccanismo di un auto-mantenimento.
Questo porta all’instaurarsi del danno epiteliale e quindi alla malattia. I tre fattori chiamati in causa nel determinare lo sviluppo della malattia sono rappresentati dall’instabilità lacrimale, dal malfunzionamento e/o sofferenza epiteliale e dall’infiammazione (5). L’esistenza di un’associazione dell’infiammazione con la ridotta secrezione lacrimale e il conseguente danno della superficie oculare permettono un’interpretazione unitaria del disordine.

I fattori di rischio
Nella sindrome dell’occhio secco possono essere individuati alcuni fattori di rischio, generali e locali, che possono favorirne la comparsa (Tab. 1) (5, 6).

GENERALI
Età avanzata, sesso (>incidenza sul sesso femminile), terapie farmacologiche a lungo termine e specifiche, disfunzioni ormonali, trapianto di cellule staminali ematopoietiche, diabete, chemioterapia, ambiente, attività lavorativa, malattie autoimmuni, stile di vita (fumo, alcol, corretta alimentazione), dermatiti, menopausa, allergie, gravidanza, ipovitaminosi A
LOCALI
chirurgia (refrattiva, cataratta), terapie croniche (glaucoma, vasocostrittori), uso di farmaci con conservanti, blefariti, infezioni recenti, uso di colliri, allergie oculari, uso di lenti a contatto
Tab. 1 I fattori di rischio estratto da “ Le Raccomandazioni del gruppo P.I.C.A.S.S.O.”.
Due fattori generali strettamente associati all’occhio secco sono l’età avanzata e il sesso femminile. Col passare degli anni la produzione di lacrime tende a diminuire a causa dell’involuzione delle ghiandole lacrimali e della loro regolazione nervosa. Per quanto riguarda la maggior suscettibilità del sesso femminile, questa è probabilmente da ricondurre a fattori ormonali: in coincidenza della menopausa si ha una tendenza all’atrofia delle ghiandole con diminuzione della produzione di lacrime, in particolare intorno alla sesta decade di vita (50-60 aa). Lo squilibrio fra androgeni ed estrogeni sembra inoltre favorire l’infiammazione.
Altri fattori sono rappresentati dall’utilizzo a lungo termine delle lenti a contatto, dalla chirurgia refrattiva, che può essere seguita dal disturbo per diversi mesi, come conseguenza della recisione dei nervi corneali nel corso dell’intervento. Altri fattori favorenti includono sforzi visivi prolungati, come stare a lungo davanti al computer o a guardare la TV.
Un ruolo importante è giocato dai fattori climatici e ambientali, quali l’umidità relativa, l’inquinamento atmosferico e quello domestico, l’alta quota e i viaggi aerei, l’esposizione a temperature estreme, condizioni atmosferiche soleggiate, secche o ventose. Così per esempio il fatto di soggiornare in ambienti in cui sono in funzione impianti di riscaldamento o di condizionamento dell’aria può provocare la comparsa dei sintomi.
Un ruolo importante è giocato dai farmaci. Alcuni medicinali hanno un effetto anticolinergico, questo significa che agiscono su particolari recettori lungo le vie nervose (recettori muscarinici post sinaptici a livello del sistema nervoso centrale o/e periferico) e in questo modo bloccano la stimolazione della secrezione delle ghiandole lacrimali e delle cellule mucipare caliciformi della congiuntiva.
Fra i farmaci di largo impiego in grado di provocare secchezza oculare vi sono gli antidepressivi (amitriptilina, imipramina, nortriptilina, i triciclici, gli SSRI), gli ansiolitici come le benzodiazepine, i farmaci utilizzati nella terapia del Parkinson (levodopa e pramipexolo), gli antistaminici, i farmaci gastroprotettori come gli anti H2, alcuni antipertensivi (betabloccanti, diuretici), preparati ormonali (anticoncezionali, terapia sostitutiva ormonale), i farmaci utilizzati nel trattamento della sindrome della vescica ipereattiva (oxibutinina, tolterodina, fesoterodina) e gli antispastici.

I sintomi
I disturbi lamentati dai pazienti con sindrome dell’occhio secco comprendono in genere più sintomi associati fra loro. In genere i pazienti lamentano fotofobia, sensazione di corpo estraneo, spesso riferito come la sensazione di avere un granello di sabbia nell’occhio, bruciore, prurito, secchezza, affaticamento oculare e dolore. Possono esserci anche rossore, intolleranza alle lenti a contatto e, in alcuni casi, secrezione di muco (5).
Nella fase iniziale di sviluppo della patologia può esserci anche eccessiva lacrimazione, si tratta di un fenomeno paradosso dovuto a una lacrimazione riflessa.
Nella valutazione del quadro clinico da parte del medico è opportuno che, una volta definiti i sintomi lamentati dal paziente e posto il sospetto diagnostico, vengano poste delle domande di approfondimento. È per esempio utile sapere le condizioni ambientali che peggiorano o migliorano i sintomi, verificare la presenza di altre patologie oculari (congiuntivite allergica, patologie delle vie lacrimali) o sistemiche (diabete, rosacea, artrite reumatoide, problemi tiroidei, malattie autoimmuni), indagare le terapie in atto (antidepressivi, gastroprotettori, sostituti ormonali), verificare lo stato ormonale (peri, post menopausa) e la familiarità per alcune malattie come quelle autoimmuni, tiroidee e diabete.

Occhio secco e qualità della vita
I disturbi provocati dall’occhio secco si riflettono pesantemente sulla qualità della vita di chi soffre del disturbo, dato l’impatto che possono avere sulla funzione visiva, sullo svolgimento delle normali attività, sulla produttività lavorativa, sulle funzioni sociali e sui costi diretti e indiretti legati alla loro presenza. Una ricerca condotta alcuni anni fa in un gruppo di soggetti con sindrome dell’occhio secco di gravità lieve, moderata e severa (7) ha fornito alcune indicazioni interessanti. Considerando una scala da 0 a 1, dove una salute perfetta equivale a 1, gli autori dell’indagine hanno osservato come i pazienti con disturbo lieve avessero un punteggio di 0,81, peggiore per esempio di quello dei pazienti affetti da psoriasi. Il punteggio per chi soffriva di una forma di gravità moderata era di 0,78, non lontano da quello di 0,75 attribuito ai pazienti con angina moderata. Nei pazienti con forma severa si arrivava a 0,72, analogo a quello dei pazienti affetti da un’angina severa (0,71).

La terapia
Un primo passo nel trattamento del paziente con disfunzione lacrimale è rappresentato dal tentativo di individuare, eliminare e/o trattare in modo specifico la causa sottostante e correggere gli eventuali fattori di rischio identificati. Il momento centrale è tuttavia rappresentato dall’utilizzo di una terapia topica con dei sostituti lacrimali. Obiettivo è aumentare la stabilità del film lacrimale e prolungare il tempo di rottura del film lacrimale cercando di agire su tutti e 3 i fattori patogenetici della disfunzione lacrimale (instabilità del film lacrimale, malfunzionamento e/o sofferenza dell’epitelio e infiammazione) e quindi agire a 360°. Sono disponibili diverse formulazioni di lacrime artificiali che possono contenere surfattanti, elettroliti, agenti che conferiscono viscosità il cui scopo è di aumentare il tempo di permanenza del collirio. Anche se possono contenere ingredienti simili, le diverse formulazioni disponibili possono differire per il tipo di lubrificante usato, per le proprietà chimiche, per la presenza o l’assenza di conservanti.
bibliografia

Moss SE, Klein R, Klein BE. Prevalence of and risk factors for dry eye syndrome. Arch Ophthalmol 2000;118:1264-8.
Lin PY, Tsai SY, Cheng CY, et al. Prevalence of dry eye among an elderly Chinese population in Taiwan: The Shihpai eye study. Ophthalmology 2003;
110:1096-101
McCarty CA, Bansal AK, Livingston PM, et al. The epidemiology of dry eye in Melbourne, Australia. Ophthalmology 1998;
105:1114-9.
International Dry Eye Workshop (DEWS) The definition and classification of dry eye disease: report of the Definition and Classification Subcommittee of the International Dry Eye Workshop. Ocul Surface 2007;5:75-92.
Raccomandazioni del Gruppo P.I.C.A.S.S.O.202
Gayton JL. Etiology, prevalence, and treatment of dry eye disease. Clin Ophthalmol 2009;3:405-12.
Schiffman RM, Walt JG, Jacobsen G, et al. Utility assessment among patients with dry eye disease. Ophthalmolmology 2003;110:1412-9.

Il film lacrimale

Un film lacrimale “sano” è costituito da una miscela di lipidi, acqua e mucine. La secrezione di muco, lipidi e acqua è dunque essenziale per l’idratazione dell’occhio, a sua volta importante per la fisiologia e le funzioni ottiche. La componente lipidica gioca un ruolo importante nel prevenire l’evaporazione e nello stabilizzare il film lacrimale: quindi, qualsiasi alterazione delle secrezione lipidica si traduce in una più facile evaporazione del film lacrimale e in una sua destabilizzazione. Questa conduce all’occhio secco.
La componente acquosa costituisce la massa maggiore del film lacrimale e veicola nutrienti e ossigeno alla cornea (che è priva di vasi); inoltre, contribuisce alla rimozione dei detriti, protegge la superficie oculare grazie a enzimi dotati di proprietà antibatteriche e idrata la superficie dell’occhio. Ovviamente, una diminuita produzione della componente acquosa o una sua eccessiva evaporazione porta alla sindrome dell’occhio secco. La mucina determina la formazione di una barriera idrofilia sull’epitelio corneale che consente di umidificare la superficie oculare e di proteggerla dalla essicazione. Anche una riduzione della secrezione di mucina si traduce in una riduzione della stabilità del film lacrimale. La conseguenza è la medesima: lo sviluppo di una sindrome dell’occhio secco potenzialmente severa.
Può anche accadere che l’alterazione del film lacrimale (e il conseguente sviluppo di una sindrome da occhio secco) si verifichi in presenza di una normale produzione e composizione delle lacrime, ciò può avvenire per esempio in seguito a problemi alle palpebre, come per esempio una lassità della palpebra inferiore, un margine palpebrale ectopico, una chiusura palpebrale incompleta, ma anche ad una ridotta frequenza di ammiccamento o a un ammiccamento incompleto.

bibliografia

Gayton JL. Etiology, prevalence, and treatment of dry eye disease. Clin Ophthalmol 2009;3:405-12.