Riassunto
Il diabete mellito può portare a una serie di complicanze, tra cui la retinopatia diabetica e il glaucoma neovascolare. La retinopatia diabetica è una delle principali cause di cecità nei paesi industrializzati, mentre il glaucoma rappresenta la principale causa di cecità irreversibile nel mondo. Entrambe le condizio19ni possono essere associate a cambiamenti neovascolari retinici.
Il glaucoma neovascolare è frequentemente associato ad un quadro di retinopatia diabetica proliferante. Le opzioni terapeutiche per il glaucoma neovascolare includono la terapia con argon laser, le iniezioni intravitreali di anti-VEGF e, in alcuni casi, la chirurgia filtrante al fine ridurre la pressione intraoculare.
Tuttavia, la diagnosi e il trattamento del glaucoma possono essere complicati dalla presenza concomitante della retinopatia diabetica. Alcune condizioni della retinopatia diabetica possono mimare i sintomi del glaucoma primario, portando a una diagnosi erronea o ritardata. La gestione di pazienti con retinopatia diabetica e glaucoma richiede quindi un'approfondita valutazione oftalmologica, per distinguere tra le due condizioni e garantire un trattamento adeguato.
Il glaucoma è la causa più comune di perdita irreversibile della vista (1-2). Gran parte dell’epidemiologia disponibile, tuttavia, sottostima la reale prevalenza del glaucoma, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, questo anche a causa del tardivo interessamento dell’acuità visiva da parte della patologia (3). Si prevede, perciò, che il numero stimato di persone affette da glaucoma in tutto il mondo aumenterà da 76 milioni nel 2020 a 111 milioni nel 2040, con una incidenza sempre maggiore in zone geografiche come l'Africa e l'Asia.
Il glaucoma primitivo ad angolo aperto (POAG) è la forma più comune della malattia, con una prevalenza complessiva a livello mondiale che è stimata essere del 3,05% nei soggetti tra i 40 e 80 anni di età (2,4,5,6). Il POAG è definito come una neuropatia ottica cronica progressiva, con perdita di cellule gangliari e deterioramento del campo visivo in occhi con angolo irido-corneale gonioscopicamente aperto, con o senza elevata pressione intraoculare (IOP). La patogenesi del POAG non è del tutto compresa, e tra i multipli fattori di rischio i più importanti sono sicuramente l’aumento della IOP, la pressione di perfusione oculare, la miopia e lo spessore corneale centrale. Tra i fattori sistemici è importante ricordare che l’età e un’anamnesi positiva per patologie cardiovascolari aumentano il rischio di avere il glaucoma (7-14). Tra i fattori sistemici, il diabete mellito (DM) e la retinopatia diabetica (RD) non vengono considerati universalmente come fattori di rischio per lo sviluppo di glaucoma, in quanto vi sono diverse pubblicazioni in letteratura a favore di questa associazione (Beaver Dam Eye Study (15), Blue Mountains Eye Study (16), Los Angeles Latino Eye Study (17)), ed altrettante che invece affermano il contrario (Framingham Study (18), Baltimore Eye Survey (19), Barbados Eye Study (20)).
Indipendentemente dagli studi epidemiologici di associazione, vi sono diverse evidenze che legano il diabete e la retinopatia diabetica al glaucoma. Innanzitutto, è stata provata una associazione tra diabete e alterata glicemia a digiuno con aumento della IOP (21). Inoltre, l’alterata glicemia a digiuno e la ridotta tolleranza al glucosio possono indurre un’alterata regolazione vascolare con conseguente disfunzione delle cellule endoteliali, le quali rappresentano componenti cellulari indispensabili per una corretta funzione del sistema di deflusso dell’umor acqueo e della perfusione del globo oculare (22,23). Studi su modelli murini con diabete e IOP elevata hanno inoltre dimostrato che l’iperglicemia può avere un ruolo di ulteriore stimolo per l’apoptosi delle cellule retiniche, comprese le cellule ganglionari, e che questo può quindi aumentare la suscettibilità di queste ed altre cellule allo stress innescato da IOP elevata. È importante sottolineare che, anche sui modelli murini, non vi sono dei risultati univoci, in quanto altri lavori hanno dimostrato che il vascular endothelial growth factor (VEGF), il quale è aumentato nei modelli animali di diabete, può avere un ruolo protettivo nei confronti del danno neuronale retinico (24). Infine, in uno studio di coorte retrospettivo su pazienti di età pari o superiore a 40 anni con diabete mellito e senza POAG, è stato dimostrato che l'uso della metformina è associato ad un ridotto rischio di sviluppare POAG, suggerendo un ruolo protettivo di questo farmaco frequentemente usato nei pazienti con diabete di tipo 2 (25) (figura 1).
Diversa, invece, è la cornice in cui troviamo il glaucoma ad angolo chiuso (ACG), la seconda forma di glaucoma più diffusa al mondo, con una prevalenza mondiale dello 0,6% nei soggetti tra i 40 e gli 80 anni (1,26,27,28,29). Il diabete può avere un ruolo determinante nello sviluppo di questa tipologia di glaucoma.
Glaucoma neovascolare: aspetti generali
Una delle principali forme di glaucoma secondario è il glaucoma neovascolare (NVG), la cui percentuale, tra i pazienti con glaucoma secondario, varia dal 9 al 17,4%. Il NVG è caratterizzato da proliferazione di tessuto fibrovascolare a livello dell’iride e dell’angolo iridocorneale (30).
Il NVG è caratterizzato dallo sviluppo di una membrana fibrovascolare che in una prima fase provoca un’ostruzione al flusso dell’umore acqueo attraverso la rete trabecolare e questo è noto come NVG ad angolo aperto. Nel corso del tempo, questa membrana fibrovascolare si contrae, provocando un glaucoma secondario ad angolo chiuso, noto come NVG ad angolo chiuso. Sia la fase ad angolo aperto che quella ad angolo chiuso sono associate ad un aumento della IOP (31).
Il fattore scatenante la proliferazione fibro-vascolare è la condizione di ipossia-ischemia retinica, a cui consegue la produzione e il rilascio di una serie di fattori angiogenici promuoventi la neovascolarizzazione, tra cui il VEGF (32).
Tra le varie cause di NVG, tre malattie costituiscono la maggioranza dei casi: la retinopatia diabetica (33%), l’occlusione retinica venosa (33%) e la sindrome ischemica oculare (13%) (33).
Diabete e glaucoma neovascolare
Il glaucoma neovascolare è spesso una manifestazione avanzata della retinopatia diabetica. Sebbene in rari casi si può avere il riscontro di neovasi iridei e angolari anche in assenza di neovascolarizzazione retinica, nella maggior parte dei casi questi compaiono solo dopo l’instaurarsi di una retinopatia diabetica proliferante (RDP) (34). Nella popolazione di pazienti con retinopatia diabetica, a seguito della comparsa dei neovasi, l’instaurarsi del glaucoma neovascolare propriamente detto è infatti un processo relativamente lento che richiede diversi anni, a differenza di quanto accade per l’occlusione venosa retinica ed il “glaucoma dei 100 giorni” tipicamente associato (35).
Va inoltre sottolineato che diversi studi hanno messo in luce come il rischio di insorgenza di glaucoma neovascolare aumenti sia in seguito alla chirurgia della cataratta che in seguito alla chirurgia vitreoretinica.
Questo accade, verosimilmente, a causa della cascata infiammatoria e dell’ipossia retinica indotta dalla chirurgia (36,37). La letteratura ci suggerisce come la chirurgia del segmento posteriore potrebbe favorire la diffusione di VEGF all’interno della camera anteriore, innescando i processi angiogenici alla base del NVG (38).
Prevenzione
Il rapido riscontro e l’immediato trattamento dell’ischemia retinica è l’elemento chiave nel management della RDP, poiché minimizza il rischio di progressione e l’instaurarsi dei meccanismi patogenetici alla base della neovascolarizzazione iridea e angolare (6).
La fotocoagulazione panretinica (PRP) è considerata da circa 40 anni il trattamento GOLD standard per i pazienti con RDP, da quando il Diabetic retinopathy research group nel 1981 ne ha dimostrato i benefici. In quest’ultimo studio, il gruppo trattato con PRP aveva più del 50% di possibilità di non andare incontro a perdita visiva severa (< 5/200), rispetto al gruppo non trattato. Il trattamento fotocoagulativo risulta tuttavia associato a diverse sequele, quali una ridotta sensibilità visiva notturna, periferica e al contrasto, in aggiunta ad un possibile peggioramento dell’edema maculare diabetico (EMD) (39,40). Seppur in minima percentuale, dopo una corretta esecuzione della PRP, è possibile osservare la progressione della RDP, con possibile necessaria chirurgia vitreoretinica (41).
Per questi motivi, l’attenzione è stata rivolta a soluzioni terapeutiche alternative, quali le iniezioni intravitreali di anti-VEGF. I farmaci anti-VEGF erano già presenti nella quotidianità clinica in quanto utilizzati nel trattamento dell’edema maculare diabetico, e in questo contesto erano stati riscontrati apparenti effetti anche sull’arresto della progressione della retinopatia diabetica (42,43). Recenti studi (CLARITY (44), Protocol S (45)) hanno dimostrato che il trattamento con iniezioni intravitreali di anti-VEGF è associato ad outcomes simili e non inferiori rispetto al trattamento con PRP in occhi con RDP. In particolare, l’RCT (randomized controlled trial) multicentrico Protocol S, condotto dal Diabetic Retinopathy Clinical Research Network (DRCR.net), ha paragonato, nei pazienti con RDP, il trattamento con PRP e anti-VEGF, in termini di efficacia e sicurezza a 2 e 5 anni. I dati finali a 2 e 5 anni hanno mostrato come la monoterapia con Ranibizumab intravitreale non sia inferiore al trattamento PRP, in quanto il miglioramento dell’acuità visiva media è stato simile nei due gruppi. Va inoltre sottolineato come, nel gruppo trattato con PRP, un maggior numero di pazienti abbia sviluppato edema maculare diabetico e necessitato di vitrectomia. Da questi dati si può dedurre che la terapia anti-VEGF può essere utilizzata nei pazienti con RDP come alternativa alla PRP. Nella pratica clinica, tuttavia, il trattamento con farmaci intravitreali anti-VEGF, in pazienti con PDR, può essere considerato in presenza di EMD o se l’esplorazione del fondo oculare è limitata dalla presenza di un’emorragia vitreale. È importante ricordare che la perdita al follow-up dei pazienti diabetici con PDR può avere conseguenze diverse che dipendono dal trattamento che hanno effettuato, in quanto evidenze scientifiche hanno mostrato esiti anatomici e visivi peggiori nei pazienti persi al follow-up dopo trattamenti intravitreali anti-VEGF, rispetto ai pazienti persi al follow-up dopo trattamento PRP (46). In conclusione, la scelta della terapia intravitreale in alternativa al trattamento PRP dovrebbe essere presa con cautela, tenendo in considerazione la presunta aderenza del paziente sia al trattamento che alle visite di follow up (47).
Trattamento
Il trattamento del glaucoma neovascolare si basa principalmente sulla gestione di due aspetti: il trattamento della neovascolarizzazione e la riduzione della pressione intraoculare. Per quanto riguarda il primo, il trattamento ha l’obiettivo di ottenere un ridotto livello intraoculare di VEGF, attraverso la PRP e/o trattamenti intravitreali di farmaci anti-VEGF (48). Nei pazienti con glaucoma neovascolare, il trattamento laser PRP deve essere iniziato e concluso il prima possibile a prescindere dallo stadio della patologia (49).
Il trattamento del glaucoma neovascolare, così come detto sopra riguardo la prevenzione, è stato oggetto di discussione negli ultimi anni. In particolare, diversi autori hanno suggerito il trattamento intravitreale con anti-VEGF per ottenere una più rapida regressione dei neovasi iridei, sebbene questa risulti comunque essere limitata nel tempo (50).
A tal proposito, Shakarchi et al. hanno valutato quale fosse il tempo necessario per ottenere la regressione di neovasi anteriori dopo trattamento intravitreale di anti-VEGF in occhi naïve senza edema maculare diabetico. È stato osservato come la maggior parte dei neovasi va incontro a regressione entro 48 ore dall’iniezione, e la regressione è mantenuta per almeno 2 settimane (51). Altri studi hanno invece dimostrato che la regressione dei neovasi anteriori avviene a partire da alcune settimane/mesi dopo PRP (52,53). La rapida capacità di azione dei farmaci anti-VEGF rende questi ultimi un’opzione ideale nel trattamento della neovascolarizzazione iridea ed angolare prima che la PRP possa effettivamente manifestare i suoi effetti.
Diabete e retinopatia diabetica come variabili da considerare nella gestione del glaucoma
Nei pazienti diabetici i pathways metabolici indotti dall’iperglicemia determinano una apoptosi accelerata delle cellule ganglionari retiniche nota come neurodegenerazione retinica diabetica (54). La neurodegenerazione retinica associata al diabete può precedere le alterazioni microvascolari tipiche della retinopatia diabetica e ne rappresenta un indicatore precoce di progressione (55).
Il danno strutturale indotto dall’apoptosi accelerata delle cellule ganglionari può determinare clinicamente un assottigliamento degli strati retinici interni (complesso delle cellule ganglionari maculari (GCC o GC-IPL) o fibre nervose retiniche (RNFL)), il quale può essere rilevato con la tomografia a coerenza ottica (figura 2).
Considerando che la valutazione degli strati retinici interni rappresenta un esame cardine nella diagnosi e nel follow-up dei pazienti con glaucoma, l’assottigliamento di questi strati retinici in corso di diabete può confondere nella valutazione dei pazienti con glaucoma, eventualmente determinando la comparsa di falsi positivi nella diagnosi di glaucoma in questa sottopopolazione di pazienti (56-59).
Una situazione contrapposta è quella che si può verificare in un paziente diabetico con retinopatia diabetica ed edema maculare. In questo caso, la tomografia a coerenza ottica può rilevare un ispessimento degli strati retinici interni. Questo ispessimento, dovuto alla presenza di edema, può eventualmente mascherare la presenza di un danno della retina interna (n.d.r. e quindi di un assottigliamento degli strati retinici interni), con conseguente sovrastima dei valori di spessore della retina interna e conseguente falsi negativi (56).
Un altro aspetto da considerare nella gestione del paziente con retinopatia diabetica e glaucoma è la presenza di un eventuale trattamento laser PRP. In quest’ultimo caso, la costrizione del campo visivo periferico conseguente al trattamento laser si può sovrapporre alle alterazioni campimetriche proprie della malattia glaucomatosa, complicando la valutazione di un’eventuale progressione.
Infine, è importante considerare una eventuale diagnosi di glaucoma nel paziente con edema maculare diabetico. Nel dettaglio, il trattamento intravitreale con farmaci a base di cortisone rappresentano una valida opzione terapeutica per il trattamento dell’edema maculare diabetico (60). Nei pazienti diabetici con glaucoma ad angolo aperto, tuttavia, questa scelta deve essere vagliata con cautela, poiché in questa popolazione vi è un rischio aumentato di essere cortico-responder con conseguente auemnto della IOP post-trattamento (61) (figura 3).
Diabete, retinopatia diabetica e outcome postchirurgico nella chirurgia del glaucoma
È importante ricordare che i pazienti diabetici sono generalmente caratterizzati da un outcome peggiore a seguito di una chirurgia per glaucoma. Diverse evidenze scientifiche hanno dimostrato che il diabete è, infatti, un importante fattore di rischio per il fallimento della trabeculectomia. Nel dettaglio, i pazienti diabetici sottoposti a trabeculectomia non raggiungono lo stesso controllo pressorio a lungo termine, hanno una perdita dell’acuità visiva maggiore, e sono caratterizzati da un tasso di successo chirurgico a lungo termine peggiore, quando paragonati ad una popolazione di controllo senza diabete (62).
Gli autori dichiarano l’assenza di conflitti di interesse.
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