La parola agli esperti
Quante volte le capita nella sua pratica quotidiana di dover gestire questo tipo di patologia/e?
Il paziente affetto da blefarite acuta o calazio è di solito un paziente che, al di fuori del pronto soccorso oculistico, giunge all’oculista ed in particolare a me, spesso dopo essere già stato trattato. Spesso con i rimedi più strani e non particolarmente efficaci. Sono tuttavia casi frequenti, sia per l’evoluzione della malattia, che richiede qualche tempo per la guarigione, sia per il fatto che queste patologie, in particolare le blefariti, tendono ad essere recidivanti: questo per il tempo necessario a dominare la flogosi e per il fatto che queste forme sono spesso associate ad altri disturbi dell’organismo. C’è una vecchia barzelletta che dice: “cosa passa per primo? Il “vero amore” o la blefarite?” I miei colleghi e diversi pazienti sanno la risposta.
Quali sono le criticità e le implicazioni che deve affrontare?
Entrambe le patologie sono particolarmente disturbanti sia in modo obiettivo che per i sintomi associati. Vi è un’infiammazione della palpebra, che è ispessita, gonfia ed arrossata a cui si associa un costante sintomo di prurito, senso di corpo estraneo, senso di “presenza” dell’occhio e talvolta dolore. Il calazio inoltre può, comprimendo sul bulbo oculare, indurre modificazioni temporanee, anche non trascurabili della visione, inducendo un astigmatismo percepito diversamente a seconda delle differenti posizioni di sguardo. Il paziente chiede spesso una correzione, improbabile sia per la variabilità della condizione, sia per il fatto che la patologia guarisce o viene fatta guarire chirurgicamente. E poi ci sono “gli altri”, già perché naturalmente tutti ti chiedono che cosa è successo… e chi non te lo chiede, guarda il tuo occhio con insistenza e forse con timore che tu possa attaccargli qualcosa. Quindi, il paziente chiede qualcosa che funzioni. Presto e bene.
In effetti la tempestività nel caso del calazio è parte fondamentale dell’approccio terapeutico, una terapia efficiente, oltre a provocare un veloce miglioramento evita il formarsi della risposta fibrotica e la cronicizzazione.
In caso di recidive poi il paziente perde fiducia nel suo oculista; è mai possibile che si vada sulla luna e non sia possibile…
Quali sono i criteri principali della sua scelta terapeutica per questa patologia/e?
Un battericida batteriostatico ad ampio spettro, che sia attivo sui gram positivi che sono i principali attori dei problemi palpebrali e che abbia una formulazione in gel o in unguento con un lungo tempo di permanenza e quindi di attività sulla superficie oculare. Secondo criterio e non minore è l’esecuzione di impacchi CALDI per almeno 5 minuti una o più volte al giorno.
Perché in questo tipo di patologia la sua scelta più frequente ricade su Betabioptal?
Abitualmente per il calazio uso la pomata notturna e il gel per la mattina, in modo da non disturbare la visione durante il giorno. Se consideriamo poi la genesi del calazio legata al malfunzionamento delle ghiandole di Meibomio con produzione di lipidi con alto punto di fusione e facile infestazione batterica, ed in genere del ruolo dei problemi infiammatori palpebrali nella comparsa dei fenomeni infiammatori della superficie oculare, è particolarmente utile l’uso notturno, anche solo per pochi giorni. In particolare nei pazienti con blefarite e secchezza oculare, (in particolare Sjogren o simili) per i quali la riduzione della infiammazione durante la notte. Garantisce una buona partenza e una maggiore efficacia delle terapie tradizionali somministrate durante il giorno su un occhio più quieto.
Per quanto tempo consiglia Betabioptal in questa indicazione? Con che posologia??
Solitamente lo utilizzo mattino e sera per 7-10 gg.
È soddisfatto dei risultati ottenuti con Betabioptal?
Sostanzialmente sì, è efficace, sai quello che ti darà… e credetemi non è poco.
Prof. Maurizio Rolando
Centro Superficie Oculare e Occhio Secco, ISPRE Oftalmica Genova
Per informazioni su Betabioptal
Thea Farma Spa: thea@thea.it