Il canale di Schlemm nella tonometria ad applanazione

Schermata finale del Tonoref III.
Fig. 1 - Schermata finale del Tonoref III. Per gentile concessione di Nidek Medical s.r.l./Nidek co., ltd.

Riassunto

Il canale di Schlemm nella tonometria ad applanazione ovvero come integrare efficacemente tonometria non a contatto e tonometria ad applanazione nella pratica clinica. Anche una tecnica consolidata può riservare elementi di novità propulsivi. La tonometria ad applanazione, ancora il gold standard per la valutazione del tono oculare, richiede accortezza nelle sue articolazioni di metodologia e rende possibili valutazioni di ottica fisica sui riflessi della radiazione fluorescente osservati durante la metodica. L’implementazione nella LAF di spettrometri, fotomoltiplicatori e sensori ottici potrebbe, se sviluppata e validata, ottenere più e nuove informazioni, con l’esecuzione della più sperimentata delle tecniche di tonometria. Allo stato dell’arte, i suddetti dati low tech alla lampada a fessura possono essere correlati ai molteplici fattori della attuale diagnostica multimodale del glaucoma, onde assolvere nella maniera migliore al compito di prima diagnosi, gravoso per le conseguenze sulla qualità di vita del paziente e dell’oftalmologo.


La tonometria ad applanazione è ancora il gold standard per la valutazione del tono oculare, valore cardine degli outcome di diagnosi come di terapia medica, parachirurgica e chirurgica del glaucoma.

Per ottemperare alla pressione sulle strutture sanitarie del gran numero di pazienti da testare sono stati introdotti nella pratica ambulatoriale tonometri non a contatto di varia tecnologia, estremamente utili per scremare i valori sospetti da verificare con la tecnica ad applanazione di riferimento (nella presente casistica nel 7% dei consulti). Nel presente lavoro è stato usato il Tonoref III (Nidek Medical srl), il quale fornisce nello stesso tempo refrazione, tono, pachimetria ottica e tono corretto in base alla pachimetria suddetta (fig.1). In letteratura è già riportata da tempo la valida corrispondenza tra pachimetria ottica ed ultrasonica a contatto (1).

chermata finale del Tonoref III.
Fig. 1 Schermata finale del Tonoref III. Per gentile concessione di Nidek Medical s.r.l./Nidek co., ltd.

La tonometria non a contatto è sterile ma invasiva. Infatti, è nota la sovrastima frequente dei valori dovuta possibili reazioni di ammiccamento, blefarospasmo e movimenti della testa. In generale i pazienti forniscono un buon grado di collaborazione, per cui si è considerato valido e da non verificare ulteriormente il valore inferiore al cut-off di 19 mmHg, salvo nei casi ove fossero presenti dati anamnestici, morfometrici del segmento anteriore e papilloscopici deponenti per glaucoma cronico a tensione normale o cronico ad angolo stretto riacutizzabile (14).

Anche la tonometria ad applanazione richiede particolare attenzione per una sua corretta esecuzione. Per assicurare lo stesso grado di sterilità e invasività è opportuno utilizzare anestetici topici in monodose senza conservanti, tenendo conto che la tetracaina è più potente della ossibuprocaina: erogando 1 mg per goccia di prodotto di tetracaina e 1,6 mg per goccia di ossibuprocaina, l’effetto anestetico risulta equivalente e ottenuto in 1-2 minuti, persistendo per 15-30 minuti (2,3). Un incoercibile blefarospasmo già alla instillazione dell’anestetico fa quasi sempre prevedere lo stesso bias di sovrastima della tonometria non a contatto, dovendo prendere con cautela il risultato; per evitare invece la spremitura dell’acqueo con sottostima, sia all’instillazione dell’anestetico che della fluoresceina è utile suggerire al paziente di non serrare, né strofinare le palpebre, né provvedere ad asciugarsi da solo. Anche qui, in generale la collaborazione è di buon livello; si osserva però, seppure in pazienti complianti, una maggiore reattività del secondo occhio anestetizzato e tonometrato: in questi casi probabilmente l’anestetico trova all’istillazione una maggiore contrazione dell’orbicolare e un maggiore drenaggio del prodotto, consigliando una seconda instillazione preventiva di anestetico. Il primo occhio testato mostra frequentemente un minor valore del tono se riesaminato, per cui è consigliabile sempre eseguire questo retest, essendo in ogni caso noto che una riduzione nel retest non significa poter escludere la malattia (18). In ogni caso, da studi manometrici in camera anteriore di ratto, si è potuto verificare che tali variazioni intratest non sono dovuti a spremiture significative di acqueo, confermando la validità del principio di Imbert-Fick almeno nel range critico per la diagnosi di 20-30 mmHg (19). Lo spessore corretto delle mire da ottenere è pari a circa 1/10 del diametro della superficie di applanazione (0,3 mm) come da figura 2.

Menisco lacrimale sdoppiato.
Fig. 2 Menisco lacrimale sdoppiato. Per gentile concessione di Haag-Streit Ag Berna Swizerland.

A questo fine occorre premunirsi riguardo alla produzione di lacrime: aspettando oltre i 2 minuti canonici dall’instillazione dell’anestetico si riproduce la condizione di inibizione della lacrimazione riflessa del test di Jones (4); in questi casi e soprattutto in presenza di drye eye si può usare come prodotto fluorescente la fluoresceina sodica in soluzione monodose allo 0,5% erogandone 0,5 mg per goccia al sacco congiuntivale; oppure la riboflavina sodio fosfato monodose allo 0,25% erogandone 0,25% mg per goccia al sacco congiuntivale; quando, in caso di soggetti giovani, sia prevedibile una lacrimazione profusa, nonostante l’anestesia, si può optare per gli strips di fluoresceina. Anche in questo caso è opportuno tener conto che si osserva una maggiore colorazione nel secondo occhio strisciato, il quale trova il prodotto liofilizzato maggiormente diluito; in sostanza, per evitare eccessive diluizioni si può usare l’azione diluente del film lacrimale sul primo occhio strisciato. La soluzione conservata di fluoresceina sodica e di ossibuprocaina cloridrato miscelate permette di abbreviare in un solo tempo, anestesia in 2 minuti e colorazione, ottenendo risultati comparabili a quelli ottenibili con la sola fluoresceina in soluzione. Se comunque non si riesca a ottenere lo spessore desiderato delle mire e per evitare di sottostimare in caso di mire troppo sottili o sovrastimare in caso di mire troppo spesse (9), si può manovrare il tamburo rotante fermandosi allo spessore teorico memorizzato mentalmente come da fig. 2, sino ad ottenere il toccamento pulsatorio degli angoli interni delle mire in relazione all’ocular pulse; la collimazione di due angoli interni delle mire garantisce che il diametro dell’area applanata coincida con quello del tronco di cono del biprisma corrispondendo al margine interno del menisco, nel rispetto della legge di Imbert.Fick (P = F/A, dove P è la pressione intraoculare, F è la forza applanante, A è la superficie dell’area applanata di 7,35 mm2, cioè 3,06 mm/2 al quadrato x π) (fig. 3).

Ampiezza delle mire di sdoppiamento
Fig. 3
Ampiezza delle mire di sdoppiamento.

Un dato diagnostico collaterale è una oscillazione ampia delle mire del tonometro ad applanazione, che induce a consigliare una angio-TAC e una angio-RMN nella fistola carotido-cavernosa, non essendo sempre presente l’esoftalmo pulsante patognomonico.
Il tonometro utilizzato per la raccolta dei dati è il modello AT900 D modello R permanentemente installato sulla LAF con un braccio rotante per il posizionamento, la visura coassiale con l’oculare sinistro o destro della LAF e una precisione allo 0,1 mmHg (fig. 4).

AT 900D modello R. Per gentile concessione di Haag-Streit Ag Berna Swizerland.
Fig. 4 AT 900D modello R. Per gentile concessione di Haag-Streit Ag Berna Swizerland.

Verificandone la taratura una volta al mese, questo modello è dotato di un display alimentato da pile non ricaricabili, che segnala mediante una spia luminosa e un segnale sonoro il corretto contatto del cono monouso per rientrare nel range di misura dello strumento tra 3 (Lo) e 75 mmHg (HI).

Limbus chirurgico. Per gentile concessione dr.i Buratto, Caretti, Crespi (7).
Fig. 6 Limbus chirurgico. Per gentile concessione dr.i Buratto, Caretti, Crespi (7).

Nei modelli non dotati di display si può utilizzare come guida al contatto del cono con la superficie corneale intrisa di fluoresceina, la comparsa di un anello fluorescente a livello del limbus chirurgico (fig. 6), rilevabile sia a stanza oscurata che non, sia con entrambi i coni monouso sterili comunemente in uso (fig. 5), sia con il cono pluriuso in dotazione, sia con fluoresceina sodica allo 0,5% in soluzione o in strips e sia con riboflavina sodio fosfato allo 0,25%, sia su un occhio di maiale montato su cornea di prova dell’oftalmometro.

Coni monouso, anello fluorescente limbare su occhio di maiale e in gonioscopia.
Fig. 5 Coni monouso, anello fluorescente limbare su occhio di maiale e in gonioscopia.

L’anello fluorescente compare quando il cono va a quasi a contatto con la cornea (persistendo anche durante l’appiattimento dei 7,35 mm2 corneali centrali), nella sede in cui le tavole anatomiche (fig. 7) (7), gli aspetti gonioscopici (8) e i reperti istologici (fig. 8), collocano il canale di Schlemm.

Quest’ultimo è sito in prossimità dello stroma corneale, anteriormente e centralmente alla sclera, ha una sezione ellittica, con struttura di un canale venoso avente due strati di cellule endoteliali a contatto con il trabecolato corneo-sclerale e uno strato di cellule endoteliali esternamente, senza strato muscolare evidente (5-7).
L’anello fluorescente non è visibile in gonioscopia con filtro blu cobalto e sostanza fluorescente nel film lacrimale (fig. 5). Una interpretazione dell’ottica fisica dell’anello fluorescente suggerisce che il fenomeno ottico si possa verificare proprio a livello canale di Schlemm, in base alla sua posizione e strutturazione anatomica suddetta e al rilievo gonioscopico. Nella lampada a fessura utilizzata in oftalmologia, normalmente, è inserito un filtro blu cobalto (435-550 nm-nanometro o mµ-millimicron, 1/1000 di micron) capace di eccitare la fluorescenza verde a 550 nm del colorante fluoresceina (565 nm del colorante riboflavina sodio fosfato). La radiazione verde retrodiffusa passa da un mezzo (la cornea) con indice di rifrazione 1,376 a un mezzo trasparente (16), l’acqueo del canale di Schlemm, con indice di rifrazione inferiore 1,336; in questi casi, l’angolo che la radiazione rifratta realizza rispetto alla normale al punto di incidenza nel lato iuxtacorneale del canale, è superiore all’angolo limite (θ = 90° ) oltre il quale il raggio viene totalmente riflesso internamente (17); quando il raggio incidente proviene da un mezzo con indice n > 1 ed entra nel mezzo di indice minore, prima acqueo e poi aria, esso si allontana dalla normale al punto di incidenza; quindi l’anello fluorescente può essere dovuto a una riflessione interna totale corneale della radiazione verde retrodiffusa del menisco fluorescente (10) con angolo di incidenza superiore a quello critico (θ) per arrivare all’osservatore attraverso la sequenza cornea > acqueo nello Schlemm dalla parte iuxtacorneale > cornea > aria, (figg. 9,10). Alla domanda sistematicamente rivolta al paziente su che colore percepisca con filtro blu cobalto inserito alla LAF, la risposta è sempre blu e mai verde.

Queste osservazioni, se validate dall’ingegneria biomedica e con ulteriori studi, aprono la possibilità di implementare nella LAF amplificatori di brillanza o fotomoltiplicatori o spettrofotometri per valutare differenze di luminosità dell’anello fluorescente, da utilizzare a livello del clinico pratico, nell’idrodinamica dell’acqueo, nella sua concentrazione e nella diagnostica multimodale del glaucoma. Esperienze di questo tipo sono già presenti in letteratura (fig. 11), anche se per altri scopi, come la variazione dello scattering corneale in presenza di edema dello stesso tessuto in seguito a chirurgia della cataratta. Ulteriori studi hanno peraltro evidenziato che lo scattering è poco influenzato dalle variazioni di spessore del tessuto corneale (12).

Ingegneria biomedica dello scattering corneale. Per gentile concessione del prof. Thomas Olsen, AARHUS UNIVERSITY, Denmark (11).
Fig. 11 Ingegneria biomedica dello scattering corneale.
Per gentile concessione del prof. Thomas Olsen, AARHUS UNIVERSITY, Denmark (11).

In attesa di possibili sviluppi l’anello fluorescente è stato inserito su un foglio elettronico Excel (Microsoft Corporation, Redmond, WA, USA) per una sua valutazione qualitativa, insieme ad altri dati della diagnostica multimodale glaucomatosa: età, sesso, raggio di curvatura corneale anteriore, equivalente sferico (ES), ora di rilevazione del tono a soffio (media di 3 determinazioni) e ad applanazione, pachimetria ottica, correzione dei dati tonometrici con valore pachimetrico, presenza o meno di anello fluorescente, diagnosi o meno di glaucoma mediante dati anamnestici, morfometrici del segmento anteriore, papilloscopici, OCT (Solix, Optovue) e perimetrici (Octopus 600/Twinfield). Alla voce glaucoma screening si è inserito SI se alla funduscopia + OCT/perimetria risultassero conferme, NO se alla funduscopia non risultassero giustificati esami supplementari o se richiesti gli stessi in base a valutazioni multimodali affidabili, tomografici e perimetrici risultassero normali. Anche se sono state rilevate differenze di luminosità dell’anello fluorescente, allo stato dell’arte e in attesa di valutazioni quantitative obiettive, si è omesso questo dato troppo discrezionale, limitandosi a registrare la presenza o assenza dell’anello fluorescente. Keratometria anteriore ed ES della casistica non variano il valore del tono: assenti astigmatismi superiori alle 4 dpt (secondo o controregola con correzione di ±1mmHg rispettivamente) e differenze di curvature inferiori o superiori di 3 Dpt rispetto a 42 Dpt (con correzione di ±1mmHg rispettivamente) come da Target Iop calculator (foglio di calcolo personale allestito grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Elettronica e Ingegneria Informatica, Università degli Studi di Salerno). Per i casi limitati di ES superiori alle ±3 Dpt si è provveduto alla correzione del tono ad applanazione (±0,20 mmHg per Dpt di ipermetropia o miopia rispettivamente). I dati biometrici riguardo all’astigmatismo non hanno richiesto di ruotare il cono di 43° verso il meridiano più piatto onde ovviare alla superficie non più circolare ma ellittica della superficie corneale (15).
Il presente è uno studio monocentrico, di coorte, osservazionale, analitico, trasversale e prospettico, tendendo a valutare se la presenza o assenza dell’anello fluorescente limbare osservato durante la tonometria ad applanazione, possa essere considerato un elemento utile nella diagnostica multimodale del glaucoma cronico ad angolo aperto (POAG) di prima linea, eventualmente come fattore di rischio. I dati sia categoriali che ordinali sono rilevati in un campione multietnico casuale di 75 occhi sufficientemente numeroso perché > 30 (20), non selezionati per una particolare malattia e quindi rappresentativi della popolazione generale dei pazienti in consulto oftalmologico. Le variabili qualitative ordinali, in scala percentuale ed elaborate con statistiche non parametriche descrittive o inferenziali sono il sesso, la presenza o meno dell’anello fluorescente, la presenza o meno della diagnosi di glaucoma. Le variabili quantitative parametriche continue, elaborate per mostrarne la strutturazione, sono l’età e il tono corretto dalla pachimetria/ES. Il campione in esame è più rappresentativo del genere femminile (64% F, 36% M); inoltre, la distribuzione dei valori è dispersa sia per l’età che per il tono, con asimmetria negativa + alta deviazione standard (DS) per l’età (prevalgono le età maggiori) e con asimmetria positiva + bassa DS per il tono corretto dalla pachimetria/ES (prevalgono i valori inferiori di tono) (fig. 12, 13).

Questo tipo di distribuzione conferma come la raccolta dei dati a random sia avvenuta in un centro di oculistica pratica, senza alcuna preselezione diagnostico/assistenziale, con una prevalenza di POAG risultata di 1,88%, inferiore a quella prevalenza media mondiale di 2,4% riportata in letteratura (21), ma anche come risultato di un personale orientamento diagnostico conservativo. Il coefficiente di contingenza di -0,3398 ricavato dalla omonima tabella sulle variabili presenza/assenza anello fluo > presenza/glaucoma, rappresenta una associazione non uguale a -1, e quindi non perfetta: alla presenza dell’anello fluorescente ipotizzato come un canale di Schlemm ripieno e funzionante, corrisponde quasi sempre una assenza di glaucoma, ma non sempre.
I limiti di confidenza più precisi al 95% della percentuale di presenza dell’anello fluo extrapolata dal campione esaminato alla popolazione generale intervallano tra 66,21% e 86,21%: livelli di frequenza alti e quindi facilmente rilevabili in qualsiasi struttura di diagnostica.
In conclusione, di fronte a soggetti soprattutto di sesso femminile, con una età di 49 anni in media e con tono ad applanazione di 16 mmHg in media, la presenza di un anello fluorescente limbare nel corso della tonometria è rassicurante se congruente con la diagnostica multimodale per glaucoma deponente per assenza di malattia; ulteriori studi e implementazioni hardware nella LAF sono necessari per suffragare l’ipotesi di lavoro che l’anello fluo sia il canale di Schlemm, potendo dare indicazioni utili, rapide e non invasive sull’idrodinamica dell’acqueo, durante l’esecuzione della più consolidata tecnica di tonometria oculare.

Che cosa è, dunque, la ricerca? Spirito di osservazione di un fenomeno, riconoscere di non conoscerne il significato, averne una visione, avere ambienti e interlocutori idonei per discuterne in modo costruttivo.

L'autore dichiara l’assenza di conflitti di interesse.


Schlemm's canal in applanation tonometry

Abstract

Schlemm's canal in applanation tonometry or how to effectively integrate non-contact tonometry and applanation tonometry in clinical practice. Even a consolidated technique can reserve elements of propulsive innovation. Applanation tonometry, still the gold standard for the evaluation of ocular tone, requires caution in its methodological articulations and makes possible physical optics evaluations on the reflections of the fluorescent radiation observed during the method. The implementation in the LAF of spectrometers, photomultipliers and optical sensors could, if developed and validated, obtain more and new information, with the execution of the most tested tonometry techniques. At the state of the art, the aforementioned low-tech data at the slit lamp can be correlated to the multiple factors of the current multimodal diagnostics of glaucoma, in order to best fulfill the task of first diagnosis, burdensome for the consequences on the quality of life of the patient and the ophthalmologist.

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