Negli ultimi anni si è rafforzata l’ipotesi secondo cui il microbiota, ovvero la comunità di batteri che vive costantemente con noi, possa influenzare la comparsa e l’evoluzione di malattie nell’uomo. Evidenze scientifiche supportano questa ipotesi in molti settori della medicina, in particolare nella gastroenterologia, nella cardiologia e nell’endocrinologia. Ultimamente anche gli oculisti hanno iniziato a riflettere a fondo su questo tema e la letteratura inizia a produrre ricerche in tal senso.
Microbiota intestinale e occhio
Il microbiota intestinale fisiologicamente è in una condizione bilanciata di microbi “benefici” (eubiosi) (figura 1) e risulta in parte modificabile durante la crescita e da fattori ambientali (1).
Uno squilibrio microbico a livello intestinale (disbiosi) è concausa di squilibri sistemici con meccanismi fisiopatologici che inducono una iperproduzione di citochine e mediatori infiammatori. Contemporaneamente si osserva l’attivazione di meccanismi autoimmunitari che vanno a colpire a distanza strutture bersaglio.
In ambito intestinale esistono indagini di laboratorio per inquadrare il tipo di disbiosi presente, finalizzate a capire come intervenire per ripristinare l’omeostasi intestinale. In base alle informazioni raccolte, si può agire quindi con misure terapeutiche volte a curare lo specifico disequilibrio che viene registrato. Sono riportate evidenze in letteratura di correlazioni tra specifiche disbiosi e patologie oculari quali glaucoma, degenerazione maculare, uveiti ed occhio secco (1) (figura 2).
La superficie oculare
La superficie oculare è costantemente esposta all’ambiente esterno ed è più soggetta rispetto ad altre zone corporee a contaminazioni microbiche. Durante l’evoluzione i microbi hanno colonizzato la superficie oculare diventandone commensali. Sebbene la superficie oculare sia in contatto costante con questa popolazione batterica commensale, le cellule epiteliali di cornea e congiuntiva non sviluppano nei soggetti sani dei quadri infiammatori o comunque patologici.
Questo suggerisce l’esistenza di una risposta immunitaria innata della superficie oculare che permette questo equilibrio di batteri commensali. Il microbiota avrebbe il ruolo di garantire l’omeostasi della superficie oculare evitando la colonizzazione di specie patogene. Infatti l’alterazione di tale ecosistema è stata associata a un varietà di stati infiammatori oculari (1) (figura 2).
L’analisi del microbiota oculare è fondamentale per capire la fisiopatologia delle patologie oftalmiche. Le tecniche di coltura tradizionali hanno limiti nel reperire e identificare i patogeni. Al contrario, le tecniche di biologia molecolare 16S rRNA, 18S RNA e “shot-gun” possono trovare i genomi dei batteri presenti in quello specifico sito. È infatti necessario fare una ricerca della totalità dei genomi dei batteri che popolano la superficie oculare. In questo ci viene in aiuto la metagenomica, che utilizzando tecniche genomiche moderne per lo studio di comunità microbiche direttamente nel loro ambiente naturale, evita il problema delle coltivazione in laboratorio (3).
Le applicazioni delle tecniche molecolari di metagenomica sono state recentemente utilizzate per caratterizzare gli organismi della superficie oculare e i risultati ottenuti hanno evidenziato che la flora batterica analizzata è molto diversa rispetto a quanto evidenziato con le tecniche convenzionali di coltura (Graham et al., 2007; Dong et al., 2011; Willcox, 2013; Shin et al., 2016; Qin J et al., 2010). Un’analisi delle comunità batteriche della congiuntiva ha evidenziato una media di 224 diversi filotipi batterici per individuo. È interessante evidenziare che questa quantità è stata rilevata eccedere quella tradizionalmente evidenziata con le tecniche coltura-dipendente per un ordine di grandezza tre volte superiore, e sono stati identificati 55 diversi generi batterici, di cui 22 per la prima volta trovati nell’occhio (Shestopalov et al., 2010; Qin J et al., 2012). La maggior parte degli studi ha focalizzato le analisi sulla microflora (batterica, virale, fungina, etc.) della superficie oculare di individui sani e mai - tranne in qualche sporadico case report - la microflora di occhi infetti con il fine di individuare gli agenti infettanti per guidare l’oculista attraverso un miglior approccio clinico, genetico guidato (Jeng BH et al., 2010; Kugadas A et al., 2016; Linke SJ et al., 2011; Pak TR et al., 2015; Safneck JR. 2012; Varkey JB et al., 2015).
In particolare, recenti studi evidenziano come su superfici oculari “sane” il microbiota risulti dominato da Proteobacteria, Actinobacteria and Firmicutes. In termini di genomi, le famiglie maggiormente rappresentate sono Pseudomonas, Propionibacterium, Corynebacterium, Staphylococci, Streptococcus (figure 1, 3) (5).
Sono inoltre stati registrati differenti microbioti oculari in associazione ad alterazioni della superficie oculare (tabella 1).
Microbiota e infezioni oculari
Nonostante gli innumerevoli progressi scientifici dell’ultimo secolo, la diagnosi delle infezioni oculari rimane una sfida molto difficile (Methé BA et al., 2012). Il rapido avanzamento dei mezzi di sequenziamento genico e della bioinformatica hanno fatto della metagenomica un terreno fertile per lo sviluppo di nuovi mezzi diagnostici (Dave VP et al., 2016; Freitas de P et al.,2016; Ibrahim et al., 2012). La metagenomica riesce a fornirci informazioni sulla tassonomia e sulla funzione delle comunità microbiche senza l’obbligo di coltivare i microrganismi in laboratorio. Si stima, infatti, che meno del 2% dei batteri può essere coltivato in laboratorio (Wade 2002; Kaufman HE et al., 2005), con la conseguenza che non tutti i batteri presenti in un campione possono essere identificati. Di fatto la metagenomica cerca di superare questo problema con un’analisi diretta senza coltura.
Conclusioni e prospettive
Nell'ultima decade molti studi hanno evidenziato l’efficacia di probiotici e prebiotici (FAO Working Group/WHO 2002). Sono stati pubblicati recentemente alcuni studi in tema di modulazione del microbiota in oftalmologia e cura delle patologie oculari. Chisari et al. hanno realizzato uno studio pilota per stabilire l’effetto del probiotico sulla superficie oculare con la supplementazione di Bifidobacterium lactis e Bifidobacterium bifidum (6). Dopo 30 giorni di trattamento si è registrato un miglioramento statisticamente significativo del test di Shirmer e del break up time e contemporaneamente una riduzione della colonizzazione da parte dello S. Aureus della superficie oculare.
I prossimi studi dovranno essere mirati a identificare un microbiota oculare “sano”, i suoi range di normalità e le terapie al fine di correggere lo squilibrio microbiotico.